Le ruspe, i rom e la voglia di ripristinare la legalità

di Paolo Graldi
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Venerdì 17 Aprile 2015, 06:19 - Ultimo aggiornamento: 08:16
Ostia e non solo, in queste ore. Arrivano le ruspe, le benne sconquassano i casotti abusivi travestiti da baretti e ristoranti da spiaggia, sindaco Marino e assessore Sabella presidiano i lavori di demolizione, i “titolari” degli impianti senza licenza alzano la voce e chiamano all'assalto gli avvocati, armati di ricorsi, sperando nella benevolenza del Tar.

Si aprono con le pale gli accessi al mare “privatizzati” abusivamente, s'inaugura con un atto di forza nel segno della legalità, la stagione dei bagni.

Ecco: quando c'è la volontà politica, quella che è tanto mancata, che funzionava a singhiozzo, che guardava lo scempio ma non lo vedeva, i nodi si sciolgono, gli ostacoli si rimuovono, la gente respira fiducia. Le ruspe divengono così una metafora dell'imperio della legge sul fai da te, contro il sopruso organizzato. Lo stesso discorso vale per gli accampamenti rom dichiarati fuori legge, non rasi al suolo come declama Matteo Salvini (grazie Crozza per consegnarcelo nel tuo Paese delle Meraviglie più vero del vero) ma ripuliti con determinazione da abitanti, titolari, tra l'altro, di conti correnti milionari, assistiti senza averne i titoli passando attraverso le maglie larghe della solidarietà comunale. Lo scandalo permanente della illegalità diffusa sotto il cielo della Capitale, allargata ad ogni settore e sotto gli occhi di tutti, riceve i primi colpi di maglio. Poi, ci vorrà anche il bisturi, per rimuovere chirurgicamente le mille cisti insediatesi nel centro storico. Ritrovata la volontà politica si tratta ora di non riperderla subito, strada facendo.