I simboli della Capitale sgretolati dalla pioggia

di Paolo Graldi
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Giovedì 13 Novembre 2014, 12:28 - Ultimo aggiornamento: 12:29
Oggi il cielo è sereno. Quasi sereno. Nuvole grigie vagano in lontananza. Temperatura mite, si sta bene anche in maniche di camicia, prima che faccia sera. C'è nell'aria un'umidità trattenuta. Gli esperti però non ci rassicurano. La pioggia tornerà. Domenica riposo, passeggiatina libera, lunedì si riprende a combattere con i codici rossi o arancione, i bollettini e gli allarmi della protezione Civile. La tregua dai lampi e dai tuoni, sfalsati di qualche ora rispetto alle allarmate, quasi catastrofiche previsioni, («State tutti a casa se potete») serve per una ricognizione al suolo, al terreno che a larghe chiazze e in troppi luoghi, è coperto dall'acqua limacciosa, intrisa di fanghiglia. L'asfalto delle strade, il copione si ripete, paga il prezzo più alto. Come nelle malattie dell'infanzia quando la pelle si squama, il manto stradale è come colpito da un batterio divoratore mostra le sue infinite ferite. Le chiamano buche, un pietoso eufemismo per segnalare voragini pericolose, che se ci finisci dentro con la moto poi ti tirano fuori con il carro gru.



Roma piange lacrime di rabbia dopo ogni temporale. Piange sulle sue pietre monumentali e millenarie che testimoniano della sua ineguagliabile civiltà e che ora si sfaldano, sgretolandosi a causa di una manutenzione scarsa e spesso scadente. Ci addoloriamo per la quercia centenaria falciata dal nubifragio, l'Alberone, un albero simbolo di una città da salvare. Riportiamo un nuovo Alberone, forte e longevo. E che sia davvero un simbolo, un auspicio, una promessa, un impegno. Di tutti.