De Cesaris, il pilota gentile e quelle strade da rispettare

di Paolo Graldi
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Martedì 7 Ottobre 2014, 05:50 - Ultimo aggiornamento: 08:24
Una volta, tanto tempo fa, lo intervistai. Titolo «Dentro il campione». Una confessione senza reticenze. Disse: «In Formula 2, quando passando vedi un incidente, magari un collega imprigionato nella monoposto, pensi: «Speriamo che gli sia andata bene». In Formula 1 cambia la musica, stessa scena, ma il commento diviene lapidario: «Meglio così. Uno di meno».



Per questo, forse, quel mondo severo e spietato nel segno del pericolo immanente in quegli anni, col rischio della vita sempre in agguato, con la falce della morte nascosta dietro ad ogni curva (e lui l'aveva vista tante volte, una a Zeltweg con la Ligier vicinissima) alla fine, dopo tante peripezie e poche soddisfazioni sul podio, gli stava troppo stretto. Non tanto però da smetterla con la voglia inesauribile di emozioni folgoranti da velocità, l'adrenalina che si inietta nel sangue come una vertigine. Se ne è andato “passeggiando” in sella alla moto sul Gra, alle due di domenica pomeriggio, una magnifica giornata di sole d'ottobre, in un'ora senza traffico. Non in pista ma pur sempre sull'asfalto. Un attimo, la caduta, la fine, chissà come e perché. Lo stesso destino di Alboreto. Hill padre, Didier Pironi e tanti altri. Andrea De Cesaris pilota gentile e riservato ha trovato il suo ultimo traguardo là dove era impossibile immaginarselo. La morte di un grande pilota è ancora più banale dei tanti lutti che si consumano sulle nostre strade ogni giorno: ci addolora ma ci ammonisce. La strada è come il mare: non rispetta nessuno, chiede rispetto.



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