La stupidità di illudersi immortali con un graffito

di Paolo Graldi
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Mercoledì 23 Settembre 2015, 06:41 - Ultimo aggiornamento: 14 Febbraio, 21:04
Questa sì che è una notizia. I carabinieri di Roma piazza Dante, su segnalazione della vigilanza interna del Colosseo, hanno denunciato la signorina M.D.S., 40 anni, di nazionalità austriaca, con conseguente sequestro del coltellino svizzero, con il quale aveva inciso le iniziali sul pilastro del monumento più visitato del mondo.



La notizia, più che altro, consiste nel fatto che è la prima volta che ciò avviene a fronte di un assalto all'arma bianca ai monumenti per lasciare un'imperitura traccia di sé, un attestato di amore alla propria metà quando per lasciare scolpiti sulle sacre vestigia frasi volgari scandite da date di nascita senza valore.



Non, dunque, le incisioni dei martiri cristiani alla vigilia del sacrificio tra le fauci delle fiere e il piacere del pubblico, testimonianze incancellabili di incalcolabile valore; no, graffiti, sgorbi, segnacci in spregio alle più elementari regole di rispetto e di decoro. Lasciare un segno indelebile del proprio passaggio, l'ambizione insensata di “entrare” nella storia: soffriamo grandemente di questa malattia del coltellino in cerca di uno spazio di eternità, ne soffriamo talmente che siamo grati alla signorina M.D.S. di essere caduta nel suo peccato veniale. Forse M.D.S. pagherà una multa; comunque ci ricorda che i muri della storia vanno lasciati alla pace dei secoli e, possibilmente al restauro in aspettativa perenne degli esperti. Che l'eccezione diventi una regola, sennò non resta che sorridere. Amaramente.



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