Che in Vaticano sia una festa, senza la paura dei killer dell'Is

di Paolo Graldi
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Venerdì 20 Marzo 2015, 06:32 - Ultimo aggiornamento: 08:00
La domanda, pronunciata finora sottovoce, con una venatura devotamente scaramantica, dopo Parigi, Copenaghen e adesso Tunisi, acquista forza e si libera di pudori referenziali: ma noi romani, con il Giubileo straordinario voluto da Papa Francesco quasi d'impeto, andiamo a rischio di attirarci l'attenzione dell'Is e dei suoi seguaci sanguinari?



Non dobbiamo avere paura, ecco il mantra: nessuno può intimidirci, fallirà il disegno eversivo di stravolgere le nostre abitudini, di comprimere le nostre libertà. I filmatini diffusi via web, accuratissimi come spot di prodotti multinazionali, dove si inneggia alla presa di Roma con tanto di bandiere nere issate sul Cupolone, non sono altro che propaganda del terrore. Dunque, calma e gesso.



Al più, come s'è visto fin qui, il pericolo verrebbe dai cani sciolti, dai foreign fighter: viaggio nel Califfato per addestrarsi, ritorno a casa per far danni. Un pericolo reale e ipotetico insieme, una specie di contraddizione in termini, un ossimoro tutto da coniugare con la realtà. Un radar con orecchie e occhi raffinatissimi, un bisturi preciso come un laser, una Intelligence intelligente, penetrante nelle relazioni internazionali e al massimo della vigilanza interna: ecco l'arma contro i rischi. I quali prima erano lontani, poi prossimi e adesso attuali. Come dice il presidente Mattarella: non c'è tempo da perdere. Vero: il tempo della sicurezza non concede sconti nè distrazioni.



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