Il Tevere ha una portata media di circa 240 m3/s, decisamente modesta rispetto ai principali fiumi europei, che però può decuplicarsi in occasione delle maggiori piene; si stima che nella piena del 24 dicembre 1598, la maggiore mai registrata, la portata del fiume abbia raggiunto i 4000 m3/s (la portata media del Nilo è di circa 3000m3/s). In ogni tempo, questa estrema variabilità ha posto le autorità civili di Roma davanti all’alternativa tra separarsi radicalmente dal fiume con muraglioni o vaste aree golenali e accettare il rischio di essere periodicamente inondata. In epoche diverse sono state fatte scelte diverse.
Forse più di ogni altra città della sua importanza, Roma è sempre stata frequentemente soggetta ad allagamenti, inondazioni, e a vere e proprie alluvioni catastrofiche causate dal fiume che la attraversa.
L’ineluttabilità e l’apparente inevitabilità delle piene, che per millenni hanno colpito e talvolta devastato l’Urbe, secondo Cesare D'Onofrio, hanno contribuito non poco a determinare uno dei caratteri fondamentali dei cittadini di Roma: il cinismo ed il fatalismo che contraddistinguono l’atteggiamento dei Romani nei confronti degli eventi della vita e della storia, piccoli o grandi che siano, e che si esemplifica nel famoso detto “morto un Papa se ne fa 'n'antro”.