Quel colorato arcobaleno della memoria chiamato Quadraro

Quel colorato arcobaleno della memoria chiamato Quadraro
di Carmine Castoro
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Domenica 14 Dicembre 2014, 07:49 - Ultimo aggiornamento: 17 Dicembre, 17:25

Ci sono sciami di api che quasi sentiamo ronzare, lungo una barriera orizzontale, come se stessero seguendo il profumo di un miele giallissimo come i loro simpatici corpaccioni che sbattono le ali.

C’è una donna mollemente adagiata fra porte e finestre di una casa, seminuda, cinta da fasce celesti sottili che sembrano strade ancora da percorrere. C’è un tunnel, vero, all’imboccatura del quale c’è un viso stralunato e un po’ mostruoso che sembra digrignare e quasi deglutire i passanti nelle spire della sua buia gola. Ci sono due ranocchi giganti che si arrampicano fra le ante di un’altra villetta come se saltabeccassero gracidando fra i rami di uno stagno. E c’è soprattutto la famosissima opera di Ron English, il suo Temper Tot, ovvero un bimbo-Hulk verdissimo, color smeraldo e dai bicipiti possenti, vicino a un Mickey Mouse con la testa rivestita da una maschera anti-gas, inquietanti simboli entrambi di un potere mutante e isolazionista che ha inquinato nei gangli più vitali il nostro habitat naturale, allungando i tentacoli mortiferi di sostanze venefiche, di una muscolarità ingestibile, di una infanzia vessata e abituata troppo presto a dimenticare l’ingenuità dei cartoon per lottare quotidianamente per la sopravvivenza.

I murales del Quadraro a Roma non sono lo sfogo pittorico di casuali “verniciatori”, un po’ vandali, un po’ strampalati. Sono una esperienza artistica meravigliosamente caleidoscopica che riporta in superficie sul materiale inerte di infissi, cartelloni, cinte murarie, parchi e facciate di palazzi, un patrimonio storico e identitario radicatissimo, un genius loci, fatto di vivacità ma anche di ricordi funesti, che altrimenti rimarrebbe soffocato da screpolature, degrado, limiti della proprietà privata.

Un pozzo di idee e di senso che il fotografo Roberto Tedeschi e la direttrice artistica Francesca Romana Mastropasqua, veri fanti sulla trincea di una città che preferisce il facile oblio, hanno fatto rivivere con un calendario 2015 dedicato ai graffiti più significativi, battezzando questa operazione culturale con una bella manifestazione a piazza dei Tribuni grazie al sostegno finanziario di Alfio Marchini.

“Questa idea ha le sue radici in una serata di qualche mese fa – ricorda la signora Francesca al termine di una giornata emozionante e di grande solidarietà civica -.

Lo scorso 21 settembre ho invitato alcuni amici per festeggiare il rientro a casa di Sandro, mio marito, ma questa è un’altra storia. Tra di loro c’era anche il mitico Roberto Tedeschi. Ci conosciamo da una vita, è stato il fotografo delle mie nozze, ben quarantadue anni fa, e di quelle di mio figlio. Gli ho illustrato la mia idea di realizzare un calendario. “E allora, Roberto, che cosa ne pensi?”, gli ho chiesto. Ne è nata un’animata e lunga discussione: ci mancava ancora la giusta motivazione, il tema “azzeccato”. Ci siamo lasciati e siamo andati a dormire tutti un po’ smontati, tutti tranne me. Ho pensato e ho cercato a lungo qualcosa per cui valesse la pena mettere in moto tutto questo can can, e alla fine l’idea è arrivata, il Quadraro”.

“Promuovere il nostro quartiere per tornare ad apprezzare le piccole cose come il dialogo con i vicini, per riscoprire il piacere di passeggiare per le nostre strade, promuovere il Quadraro e accendere un faro sui suoi colori e sui suoi Murales, eseguiti da grandi artisti, ecco la nostra motivazione – conclude la direttrice con grande animosità -. Perché dall’idea si passasse ai fatti, però, c’è voluto un grande aiuto. Per questo voglio ringraziare Roberto Tedeschi, che ha realizzato le foto, e Alfio Marchini, che ha creduto in noi e che nel nostro progetto ha riconosciuto quell’amore per Roma e per i suoi quartieri che anima la sua attività politica e quella dei volontari della sua Lista”.

Il Quadraro, insomma, come luogo vivente, palpitante di una sperimentazione concettuale ed esistenziale, che usa pennelli, tavolozze e l’estro di individualità singole per creare un tracciato comunitario, non solo per ridare luce e arcobaleno alle strutture abitative opacizzate dall’incuria e dal passare del tempo. Per portare a galla memorie, valori, per lanciare razzi sulla contemporaneità, per allestire una sorta di festa permanente, quella della cultura street style, quella della gente comune e di eterni interrogativi che le asfittiche politiche municipali e nazionali disperdono in un dimenticatoio di grettezza disadorna.

Un libro di storia a cielo aperto, che non solo scongiura l’effetto-discarica di alcuni scorci del quartiere invasi dalla sporcizia e dall’aggressione vile alla cosa pubblica, ma che rinverdisce pagine in cui tutti dovrebbero ritrovarsi. Quelle del terribile rastrellamento del 17 aprile del 1944, per esempio, quando vennero allineati in mille, proprio davanti a quelle mattonelle che finiscono nel titanismo rovesciato del bambino-supereroe e del topolino intossicato, per poi essere deportati in Germania, nei campi di sterminio. Molti artisti internazionali, sensibili al tema delle epurazioni etniche naziste, che magari avevano incontrato questa piaga devastante nelle loro stesse famiglie, hanno utilizzato piastrelle e staccionate del Quadraro di Roma per testimoniare la tirannia delle ideologie e per far capire –come dimostra un altro di questi murales – che da un teschio torvo e cavo può rinascere linfa, speranza, vita.

Intorno al Quadraro si è costituita una vera e propria “leggenda” politico-artistica, è nato il MURO, il Museo Urbano di Roma ad opera di Davide Vecchiato, importanti network televisivi come Rai e Sky Arte hanno concesso spazi rilevanti per narrarne le “gesta” decorative. Ora, il calendario di Roberto Tedeschi e di Francesca Romana Mastropasqua aggiunge un nuovo tassello: una sorta di catalogo domestico, uno strumento gratuito che tutti possono avere cercandolo nei negozi e nelle edicole del rione, perché muro chiama muro, quelli esterni e quelli interni, per evitare che siano proprio i nostri cuori e le nostre menti a ridursi a una pietrificazione che nemmeno l’urbanità locale più stolida e invecchiata ha assecondato nei decenni, grazie ai cromatismi ipnotici di chi ha desiderato che gli occhi non lacrimassero mai. Iniziando magari da un barattolo rosso passione…