Tra kebab e cinese avanza il pollo global

di Mauro Evangelisti
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Venerdì 21 Novembre 2014, 21:26 - Ultimo aggiornamento: 22 Novembre, 00:10
Oggi apre il Kfc a Roma

e io mangerò la minestra

a casa. Ma voi continuate

a dire che la vita è meravigliosa


@p_episcopo



Ventisei anni fa, quando il primo Mc Donald’s aprì in piazza di Spagna, ci furono scandalo e proteste. Orrore, nella terra dei buongustai, ecco gli hamburger. Quasi come se un pornoshop aprisse di fianco a una basilica. S’invocò il rispetto della tradizione, della cucina italiana e romana che non avrebbe vacillato di fronte all’odorosa offensiva delle french fries e dei Big Mac. È finita come è finita: la nostra vita quotidiana è sempre più spesso costellata da spuntini alle macchinette, kebab, sandwich tonno e formaggio della settimana prima consumati in piedi, ristoranti di ogni varietà di cucina etnica (a volte di alta qualità, a volte non indimenticabili).



In centro dilagano negozi di oggetti kitsch che fanno apparire un patrimonio da salvaguardare quelle che solo trent’anni fa erano le famigerate «jeanserie». Ecco, Mc Donald’s - e le altre catene sul vento della globalizzazione - ormai fa parte del paesaggio e a nessuno verrebbero in mente guerre sante come ventisei anni fa. Sarà che tutti viaggiamo molto più che in passato e - giusto o sbagliato che sia - ci aspettiamo di ritrovare (per carità, comunque in minoranza rispetto alla cucina locale) le insegne del fast food internazionale.



Così ieri in molti celebravano sui social l’arrivo di in un centro commerciale di Roma di un altro colosso del cibo global, i polli di Kfc. Solo un brand non riesce a varcare i confini: Starbucks. La sfida tra l’espresso romano e quello del colosso di Seattle (insieme ai suoi supercalorici frappuccini) è la più incerta. Se mai ci sarà.



mauro.evangelisti@ilmessaggero.it

twitter: @mauroev