Guidonia, i 102 anni di Giorgio, memoria vivente della città

Guidonia, i 102 anni di Giorgio, memoria vivente della città
di Andrea Andrei
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Martedì 28 Aprile 2015, 15:36 - Ultimo aggiornamento: 30 Aprile, 08:47
​Non capita spesso di vedere soffiare su 102 candeline. E ancor più raro è poter avere una testimonianza vivente e precisa di uno dei periodi più bui ma anche più importanti della storia d'Italia. Eppure, a guardare Giorgio Flauto, maresciallo dell'Aeronautica in pensione, non si direbbe che oggi è proprio lui a raggiungere quel traguardo.

Perché la cosa straordinaria è che Flauto, nato a Ragusa Ibla il 28 aprile del 1913 e residente a Guidonia da quasi settant'anni, non solo può vantare di essere una delle persone più anziane della sua città, ma anche di godere di una lucidità e di una memoria impressionante, il che lo rende a tutti gli effetti un "libro" vivente.



Ed è proprio lui a raccontare la sua storia, a tratti dolorosa ma piena di forza e speranza, che è anche la storia del nostro Paese. Giorgio c'era il giorno in cui fu posata la prima pietra di Guidonia, la "città dell'aria", il 27 aprile del 1935. Se lo ricorda bene, perché la mattina successiva si imbarcò per andare a combattere in Africa orientale. L'esperienza di quella guerra fu però solo l'inizio degli avvenimenti che seguirono.



Tornato in Italia, Flauto andò a lavorare a Roma, nell'ufficio particolare di Cesare Balbo. Per le sue mani passarono documenti e progetti che qualche anno dopo sarebbero diventate testimonianze preziose del conflitto che avrebbe sconvolto il mondo intero.



E quando la guerra mosse i primi passi, Giorgio tornò nella sua Sicilia, per stare accanto alla sua famiglia. Ma il destino di un militare, specie in quel periodo, non poteva che essere in prima linea. Quando gli alleati sbarcarono sulle coste della Sicilia, Flauto, che era addetto al rifornimento delle postazioni d'artiglieria, di stanza all'aeroporto di Comiso, era lì. Vide con i suoi occhi i dieci sopravvissuti alla strage di Santo Padre, dove i soldati, lasciati da soli a combattere contro un nemico sconosciuto (che loro nemmeno sapevano essere nel frattempo diventato un alleato), continuarono a difendere le proprie postazioni.



Giorgio fu preso prigioniero e portato in Algeria. Lì rimase due anni, al comando del decimo campo di prigionia italiano. Poi partecipò, con gli alleati e con le armi in pugno, allo sbarco a Marsiglia.



Quando finalmente la guerra finì, lasciando dietro di sé un'Italia devastata, Flauto si trasferì con la sua famiglia definitivamente a Guidonia, dove comandava la compagnia avieri e dove restò per una vita, a insegnare ai giovani i suoi valori in quell'aeroporto che per lui fu una seconda casa. Tanto che parecchi anni dopo (andò in pensione nel 1974), nel 2001, volle fondare l'Associazione Arma Aeronautica sezione di Guidonia, di cui fu il primo presidente e che oggi conta più di 200 iscritti.



Rimasto vedovo nel 2009, da allora vive nella sua casa di Guidonia quasi in totale autonomia, e si lamenta perché per allacciarsi le scarpe ha bisogno di una mano.



Una vita piena quella di Giorgio, una storia difficile ma a lieto fine. Una vita che, non si stanca mai ripetere, ha voluto dedicare agli affetti più cari, alla famiglia in primis. E oggi, circondato da tre generazioni tra figli, nipoti e bisnipoti, racconta dei tempi andati col sorriso, come se quello di cui è stato testimone fosse sì importante, ma non come può esserlo l'abbraccio dei suoi nipoti. Quasi come se non fosse successo niente.
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