Roma, ecco il segreto del Traforo: progettato come un bunker

Roma, ecco il segreto del Traforo: progettato come un bunker
di Laura Larcan
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Mercoledì 22 Gennaio 2014, 11:53 - Ultimo aggiornamento: 24 Gennaio, 17:03

Quando la sirena antiaereo montata sui campanili di Trinit dei Monti diffondeva l’inquietante allarme, la salvezza dalle bombe l’avrebbe garantita proprio via del Tritone.

O meglio, i suoi sotterranei, all’altezza dell’incrocio con le vie del Traforo e Due Macelli. Perché, quello che fino ad oggi era considerato un semplice sottopasso pedonale, con seconda vita da bazar di libri e valigie, nasceva settantacinque anni fa come rifugio pubblico antiaereo.

A rivelarlo, una serie di documenti inediti riaffiorati in una raccolta di progetti presentati nel 1938 al concorso dell’Unpa, l’Unione nazionale protezione antiaerea, e custoditi nell’archivio del Politecnico di Milano, riemersi durante la ricerca di Lorenzo Grassi, studioso e curatore del sito bunkerdiroma.it.

Il ricovero sotto largo Tritone «può ospitare varie centinaia di persone», si legge nel documento, e «la protezione è data da un forte strato resistente a penetrazione e da un secondo strato di calcestruzzo, tale da resistere ad eventuali crolli superiori».

Le carte svelano anche un inaspettato retroscena: «Siccome viene pensato come un ricovero molto grande aveva un costo elevato - racconta Lorenzo Grassi - Quindi viene concepito con una doppia funzione, civile e antiaerea, diventando a tutti gli effetti un embrione di project financing». I locali, accessibili da scale (le stesse percorribili oggi), erano ricavati ad una profondità di cinque metri e mezzo, dovevano servire «in gran parte a botteghe e per il resto a servizi pubblici», si legge. «Il progetto infatti specifica che il reddito delle botteghe avrebbe contribuito alla risoluzione del problema dei costi - avverte Grassi - assicurando un cospicuo incasso per il fitto delle botteghe. In questo modo, il rifugio aveva un primo uso di negozi ma all’occorrenza garantiva protezione antiaerea alla popolazione».

LA ZONA «M»

I due corridoi centrali costituivano la «zona M di massima protezione antiaerea», mentre tutt’intorno si articolavano venti botteghe e due locali per bagni. La scoperta è frutto di una ricerca certosina che Grassi sta portando avanti per documentare i rifugi di Roma: «Tutto è partito dallo studio sui lavori Giuseppe Stellingwerff, ingegnere tra i più all’avanguardia, che ha lavorato col Genio militare e il Politecnico di Milano». Proprio grazie alla collaborazione di due ricercatori del Politecnico, Lorenzo Grassi ha potuto trovare la rara copia di un volume, forse l’unica, che raccoglieva tra le carte, allegati, i progetti su Roma che parteciparono al concorso dell’Unpa, di cui Stellingwerff fu presidente.

Tra i fogli riemergono anche altri progetti. Come quello dedicato al Traforo: «Lungo la galleria sotto il Quirinale volevano aprire ricoveri laterali - dice Grassi - Si trattava di negozi che in tempi di guerra potevano essere usati come ricovero per le persone o anche per sedi di comandi». «Non si fece - avverte Grassi - e si preferì proteggere i due accessi con barriere di sacchi». Ma ad essere realizzato è il ricovero sotto la Casa dei Tramvieri a piazzale Prenestino. Ancora un ricovero era previsto nel terrapieno tra via Cavour e via Annibaldi, sotto San Pietro in Vincoli, con botteghe convertibili in caso di allarme. E sotto piazzale Esquilino, un autorimessa blindata che avrebbe potuto accogliere ben 4500 persone. Rimasti solo sulla carta.

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