De Sica: «Viva il cinema di Rossellini, Sordi e papà»

De Sica: «Viva il cinema di Rossellini, Sordi e papà»
di Marica Stocchi
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Martedì 11 Marzo 2014, 14:28 - Ultimo aggiornamento: 16 Marzo, 14:44
​Christian De Sica in scena da stasera al Teatro Brancaccio con Cinecitt. Lo spettacolo, scritto dallo stesso De Sica con Riccardo Cassini, Marco Mattolini e Giampiero Solari (che ne cura anche la regia) vede sul palco altri interpreti (Daniela Terreri, Daniele Antonini e Alessio Schiavo), un corpo di ballo guidato dalle coreografie di Franco Miseria e un’orchestra dal vivo diretta da Marco Tiso. Fino al 13 aprile. «Un doveroso omaggio ad un luogo e ad un’epoca che vive nei miei ricordi e che ha reso l’Italia celebre nel mondo - dice l’attore - Nessuno conosce i teatri di posa di Londra e Parigi. Sono celebri Hollywood e Cinecittà».

Un ritorno al palcoscenico che rende omaggio al cinema.

«Il cinema è sempre stato la mia vita. Ha un’energia straordinaria, può cambiare la realtà e ha la forza di farci continuare a sognare. Quanto a tornare al teatro: ho pensato ora o mai più. Ballare e cantare per due ore è una prova durissima che già non potrei sostenere senza la straordinaria compagnia che ho intorno. Immagino che si sentano dire spesso queste cose, ma in questo caso l’atmosfera in cui lavoriamo è davvero splendida e fondamentale per la riuscita della show. I ragazzi che sono con me sul palco, il corpo di ballo, Giampiero, Franco - che conosco da quando ero bambino -, Tiso, l’orchestra, gli autori, la produzione: è l’idillio».

Tra note e balli, ci sono anche i suoi ricordi e i ritratti affettuosi di alcuni protagonisti del nostro cinema.

«Nei primi anni della mia vita ho incontrato tutti i più grandi personaggi dell’epoca. E quando dico tutti mi riferisco al fatto che ho avuto contatti con il mondo del cinema in modo trasversale, da Charlie Chaplin ad Alvaro Vitali, e da tutti ho imparato qualcosa. In questo spettacolo racconto Cinecittà dalle comparse ai grandi set».

C’è un momento particolarmente commovente?

«Ce ne sono diversi. Quando condivido con il pubblico un ricordo di Alberto Sordi, un Sordi diverso da come lo conosciamo. Una volta mi disse: “Il romano lo parlo solo io”... Ricordo che quando veniva a trovarci era sempre una festa. Nello spettacolo, invece, racconto un aneddoto diverso, commovente appunto. Poi la storia d’amore tra i miei genitori che si incontrarono sul set di La porta del cielo, diretto da mio padre».

Ricorda la sua prima volta a Cinecittà?

«Avevo otto anni. Mio padre mi portò sul set di Il generale Della Rovere, diretto da Roberto Rossellini. Il teatro 5 era pieno di neve finta, papà e Vittorio Caprioli si rotolavano, feriti a morte, ma non morivano mai. Rossellini diceva: “Fate un po' de meno. Dai, mo' basta... e morite!” e intanto mangiava la Coppa del nonno. In quella stessa occasione mi chiese: “Ma che tu voi fa’ l’attore? Lascia perde. Piuttosto vai a Huston a studiare...”. Da ragazzino sono tornato spesso ed è sempre stata una festa per me. Non ci rendiamo conto del valore di quel luogo: spero che il nostro Paese comprenda la necessità di valorizzare Cinecittà sempre di più».
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