Palazzo Braschi, la storia d'Italia negli scatti di Robert Capa

Palazzo Braschi, la storia d'Italia negli scatti di Robert Capa
di Federica Ricca
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Sabato 12 Ottobre 2013, 07:54 - Ultimo aggiornamento: 15 Ottobre, 08:59

Nelle fotografie di Robert Capa c’ tutto ci di cui fatta una guerra: distruzione, morte, ma anche fiducia e umanit. Al padre del fotogiornalismo è dedicata una mostra, ideata dal Museo Nazionale Ungherese di Budapest, a Palazzo Braschi fino al 6 gennaio, in cui sono esposti 78 scatti che raccontano lo sbarco degli alleati in Italia e il periodo dal luglio del ‘43 al febbraio ‘44. In quei mesi, Capa era corrispondente di guerra e collaborava con testate come Ce Soir, il Picture Post e l’americana Life, le più importanti riviste illustrate dell’epoca.

Tanti i momenti immortalati dal fotografo: una ragazza con la bicicletta accompagnata da un soldato, i cittadini in fila per l’acqua a Napoli, la distruzione della posta centrale di Napoli, la fuga sulle montagne vicino Montecassino, i morti tra le strade di Anzio.

La mostra comincia con la Sicilia e nel suo libro “leggermente fuori fuoco”, Capa scriveva che, per il suo particolare ruolo a fianco dei soldati senza essere uno di loro, “era stato all’unanimità riconosciuto come siciliano”.

Il 23 agosto del 1943, la prima pagina di Life raccontava la resa di Palermo, attraverso un suo scatto. Uno scatto che, come gli altri esposti nella mostra romana, è in grado di rappresentare anche la fiducia degli italiani che accoglievano in festa gli alleati appena arrivati.

Spinto sempre dal suo motto di vita “Ama la gente e faglielo capire”, Capa fotografava la vita dei soldati e dei civili con delicatezza, sincerità e sensibilità, cercando di avvicinarsi a loro il più possibile, perché, come diceva, “se le vostre foto non sono sufficientemente buone, vuol dire che non siete andati abbastanza vicino”.

Capa fu un corrispondente di guerra con una vita da solitario, da apolide. Nato in Ungheria, poi esiliato a Berlino e dopo a Parigi, dove assunse lo pseudonimo di Robert Capa, per acquistare credibilità presso i giornali.

Una carriera la sua da 70mila scatti, durata 40 anni. Capa era amico di Henri Cartier-Bresson, con cui fondò la Magnum Photos, la più importante agenzia di fotogiornalismo del mondo e di Ernest Hemingway, protagonista di una istantanea della mostra.

Dopo aver testimoniato lo sbarco degli alleati in Italia, Capa andò in Normandia, facendosi trovare pronto con la sua macchina fotografica per il D-day.

Raccontava la guerra e la vita. Lo fece in Italia, ma anche per i cinque maggiori conflitti mondiali: la guerra civile spagnola, quella sino-giapponese, la Seconda Guerra Mondiale, il conflitto arabo-israeliana del ‘48 e la prima guerra d’Indocina. Lì poi morì nel 1954, ucciso da una mina.

Dopo la sua morte, l’amico Hemingway disse: “Era talmente vivo che uno deve mettercela tutta per pensarlo morto”.

Quest’anno ricorre il centenario della nascita del fotografo, che coincide con il 70esimo anniversario dello sbarco degli americani in Italia. Per questo, l’esposizione dei 78 scatti continuerà. Dopo Roma, infatti, la mostra si sposterà a Firenze dal 10 gennaio al Museo Nazionale Alinari.

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