Paolo Ruffini: «Tv, cinema e teatro, faccio tutto perché non so far nulla»

Paolo Ruffini
di Marica Stocchi
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Mercoledì 30 Ottobre 2013, 15:43 - Ultimo aggiornamento: 2 Novembre, 18:51
Paolo Ruffini, classe 1978, diviso in questi giorni tra il suo esordio da regista cinematografico (Fuga di cervelli nelle sale dal 21 novembre), gli impegni di Colorado e la ripresa di Io Doppio - spettacolo teatrale al Brancaccio da venerd. Domani sarà anche protagonista di una serata speciale, in occasione della festa di Halloween organizzata dalla sala di Via Merulana: uno spettacolo-concerto con le musiche del The Rocky Horror Picture Show.



Come nasce l’idea di “De’ ...Rocky Horror Picture Show”?

«Oggi è un musical cult, ma è nato sbagliato: al debutto non ha avuto nessun successo. Già questo lo rende molto interessante ai miei occhi. È uno spettacolo contro il sistema, quindi sempre attuale. Inneggia al mondo dello stracult, del cinema low budget anni Cinquanta che io amo molto e ha molto a che vedere con me. La nostra rivisitazione non lo prende troppo sul serio: gli interpreti in scena, attori e musicisti, ne danno un’esecuzione corretta, poi ci sono io che lo demolisco. Io sono il “De'” (che sta al posto di The, alla livornese) del titolo. Parlo livornese, intervengo, interrompo e soprattutto coinvolgo il pubblico. L’idea è quella di sfruttare la tridimensionalità naturale del teatro come un vantaggio rispetto al cinema che ha bisogno di farti indossare gli occhialetti o alla televisione».



Da venerdì a domenica, invece, “Io Doppio” - Il ritorno, un esperimento che nasce dal ri-doppiaggio in dialetto livornese di spezzoni di film famosi.

«La proiezione dei ri-doppiaggi occupa in realtà dieci minuti di uno spettacolo di due ore e mezza. Un one man show con musica dal vivo che ha come base di partenza il cinema, ma che - come nel caso del De' Rocky Horror - punta a coinvolgere gli spettatori invitati a lasciare accesi i cellulari e a salire sul palco per partecipare. Recupero alcuni quiz televisivi degli anni Settanta e Ottanta, come Il musichiere e Tra moglie e marito. Mi piace l’idea di mescolare tutti i linguaggi».



Narrativa (l’anno scorso è uscito un suo libro), teatro (nella passata stagione è stato tra i protagonisti di Full Monty per la regia di Massimo Romeo Piparo) e poi cinema e tv: sa fare tutto?

«Potrei dire che faccio tutto perché non so fare niente. Siamo in un’epoca in cui tutti facciamo tutto, ma a differenza di altri settori, quello dello spettacolo è molto democratico, per questo mi trovo a mio agio. Se propongo uno spettacolo teatrale e nessuno viene a vederlo, non lo rimetto più in scena. Se scrivo un libro e nessuno lo compra, non me ne fanno scrivere più. Il cinema mi piace, da sempre. È l'arte dei sogni: se in televisione siamo piccoli e in teatro a grandezza naturale, in cinema possiamo essere dei giganti. Io sono un artigiano, non un artista, nè un grande tecnico: il mio punto di forza è la spontaneità. Non faccio altro che cercare nuovi stimoli per mettermi in gioco e divertire, divertendomi».
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