Ultrà ucciso, sotto inchiesta lo spaccio a San Basilio

Ultrà ucciso, sotto inchiesta lo spaccio a San Basilio
di Marco De Risi e Luca Lippera
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Giovedì 20 Agosto 2015, 05:41 - Ultimo aggiornamento: 08:58
Il mondo dello spaccio e le bande che lo gestiscono a San Basilio sono sempre più al centro dell'inchiesta sulla fine di Gabriele Di Ponto, 36 anni, il pregiudicato scomparso alla fine di luglio di cui l'Aniene ha “restituito” il piede sinistro e una parte della gamba. Gli uomini della Squadra Mobile stanno continuando a sentire decine di persone che hanno un ruolo nel traffico di stupefacenti nel quartiere lungo la Tiburtina. Si acquisiscono informazioni, si cerca di ricostruire la rete dei contatti della vittima, perché alla fine - gli investigatori ne sono sempre più convinti - la sparizione dell'ex ultrà della Lazio e il quasi certo omicidio (il resto del corpo non è stato ancora trovato) sono legati allo smercio della droga in una delle zone della periferia nord-est in cui la malavita è più attiva e vanta quasi una “roccaforte”.



IL RITROVAMENTO

L'inchiesta tuttavia non si presenta semplice. I resti della gamba e del piede di Di Ponto, che aveva moltissimi precedenti per rapina e per droga, sono riaffiorati lo scorso 11 agosto lungo la riva del fiume nei pressi dell'Acqua Acetosa. L'uomo era scomparso già da diversi giorni. I familiari e i conoscenti si erano accorti della sparizione e la notizia era circolata. Di Ponto era un assiduo frequentatore di Facebook e aveva un pagina sul social network: l'ultimo messaggio è del pomeriggio del 24 luglio e fa riferimento alla Curva Nord, definendo come «l'ennesima prepotenza verso tutto il popolo laziale la divisione in due della curva». Dopodiché sulla pagina di ”Lele” cala il silenzio più assoluto.



LA RICOSTRUZIONE

Ma non è affatto detto, secondo gli investigatori della Squadra Mobile, che la fine delle “comunicazioni” su Facebook coincida con il giorno della quasi scontata uccisione di Di Ponto. Il piede notato da un pescatore lungo l'Aniene, stando al primo esame del medico legale (oggi inizieranno accertamenti più approfonditi), è stato staccato dal corpo solo qualche giorno prima del ritrovamento: due, tre, al massimo quattro. Dal 24 luglio all'11 agosto ce ne sono quasi quindici. Il che infittisce il mistero e può far immaginare qualunque scenario.



L'IPOTESI TORTURA

Gli investigatori non escludono che il pregiudicato sia stato tenuto prigioniero per più giorni da qualcuno che voleva acquisire notizie in suo possesso. L'amputazione dell'arto, e chissà quali altre mutilazioni, potrebbero essere state l'epilogo di una serie di torture. E qui si torna al mondo della droga. La cosa più probabile, secondo la polizia, è che Di Ponto sia finito nelle mani di uno dei clan attivi nella zona di San Basilio e che sia stato pressato fino alla morte a dire qualcosa o a fare il nome di qualcuno. Ma il personaggio, a giudicare dai tanti post su Facebook, si fregiava della capacità di non tradire e di «non comportarsi da infame».