Si uccide e lascia una lettera: «Colpa di una setta satanica»

Si uccide e lascia una lettera: «Colpa di una setta satanica»
di Michela Allegri
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Lunedì 11 Novembre 2013, 07:39 - Ultimo aggiornamento: 10:46
Mi hanno rovinata le sette. Poche parole scritte di getto su un foglietto di carta lasciato accanto alla finestra fanno diventare un giallo il suicidio di una ragazza avvenuto sei mesi fa.

Quelle cinque parole sono state l'ultima frase prima di buttarsi nel vuoto e precipitare da un’altezza di cinque piani. Micole, studentessa in Medicina poco più che ventenne, originaria della Calabria, si è tolta la vita lo scorso 17 maggio, gettandosi dal balcone della palazzina in cui abitava al Trionfale. Il messaggio ha indotto i magistrati di piazzale Clodio ad aprire un'inchiesta per istigazione al suicidio. Gli inquirenti procedono in segreto, mantenendo il massimo riserbo.



IL BIGLIETTO

Micole proveniva da un piccolo paesino in provincia di Cosenza. Da qualche anno, si era trasferita a Roma e si era iscritta alla facoltà di Medicina. Era una studentessa brillante, non aveva ancora compiuto 22 anni. Il 17 maggio si è lanciata nel vuoto: un gesto apparentemente inspiegabile. Dopo mesi di indagini, i motivi sono ancora tutte da chiarire. Resta però quel biglietto inquietante: «Mi hanno rovinata le sette». Il pubblico ministero Francesco Dall'Olio e il procuratore aggiunto Pier Filippo Laviani, titolari del fascicolo, hanno avviato immediamente gli accertamenti, convinti che la spiegazione si nasconda da qualche parte tra le frequentazioni romane della ragazza.

A distanza di sei mesi, però, una risposta non c’è ancora. È difficile, spiegano gli inquirenti, capire cosa significassero davvero quelle parole, cosa intendesse la ragazza con il termine «sette». Occultismo, condizionamenti psicologici, addirittura satanismo? I magistrati frenano, scelgono la cautela. Forse, Micole era solo tormentata da un disagio interiore. Forse non aveva retto allo stress di passare da una piccola cittadina di provincia a una metropoli come Roma. O, forse, si era davvero fidata di persone sbagliate.



GLI ALTRI GIALLI

Sembra l'ennesimo mistero, nascosto dietro un suicidio. Affidato alle ultime parole di una giovane che potrebbe aver subito pressioni troppo forti dall'ambiente che la circondava. Proprio come Simone, lo studente di 21 anni che la notte tra il 26 e il 27 ottobre si è tolto la vita lanciandosi dall'undicesimo piano dell'ex pastificio Pantanella, all’inizio della Casilina. Anche lui aveva lasciato un messaggio: era omosessuale e ha scritto di non poterne più di essere schernito. «Nel 2013 - diceva l’ultima lettera - c'è ancora l'omofobia, sono stanco». Il testo è agli atti dell'inchiesta aperta per indagare sulla morte. Il fascicolo è affidato al pm Antonio Clemente e anche in questo caso gli inquirenti procedono per istigazione al suicidio. La traccia lasciata dal ragazzo è di certo più tangibile rispetto alle parole della studentessa calabrese. Difficile stabilire, senza altri elementi, quale fosse il gruppo di persone a cui la giovane volesse fare riferimento.

Un giallo come quello che circonda la morte di Simona Riso, la giovane trovata agonizzante in un giardino condominiale a San Giovanni la mattina del 30 ottobre e deceduta poche ore dopo in ospedale. La Procura indaga per omicidio, ma non è esclusa l'ipotesi del suicidio: la ragazza, precipitata da una terrazza al quarto piano della palazzina in cui abitava, in via Urbisaglia, ha sussurrato agli operatori del 118 che la soccorrevano di essere stata violentata.
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