Mazzette per dare i nullaosta edilizi: arrestata archeologa della Soprintendenza

Mazzette per dare i nullaosta edilizi: arrestata archeologa della Soprintendenza
di Riccardo Di Vanna
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Sabato 21 Giugno 2014, 09:56 - Ultimo aggiornamento: 22 Giugno, 10:54
Distribuiva, dietro pagamento di piccole somme di denaro, concessioni edilizie agevolate su aree sottoposte a vincolo archeologico, sfruttando la sua posizione di funzionario pubblico per garantire il meccanismo. Un giro di tangenti che, grazie all’operato degli investigatori del Nucleo Tributario della Guardia di Finanza di Roma, ha finito per portare ad un’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari per la dottoressa Paola Quatrini.



IL RUOLO

La donna, che ricopre il ruolo di assistente presso la Soprintendenza dei beni archeologici del Lazio, avrebbe tirato le fila di un sistema attorno al quale avrebbero ruotato per anni altri quattro soggetti, tra cui altri due dipendenti del medesimo ente pubblico. In generale, la procedura, nel caso in cui un cittadino sia interessato a eseguire lavori di natura edilizia su siti di rilevanza culturale, archeologica o paesaggistica, prevede una sorta di collaborazione tra privato e pubblica amministrazione. L’onere per il recupero o la conservazione del bene che lo Stato intende tutelare è a carico del privato. È infatti il richiedente stesso a nominare un archeologo estraneo all’organico della Soprintendenza, prendendo di fatto in carico la guida del progetto e la verifica sulla fattibilità delle opere. Quindi, il progetto passa sotto la verifica dell’ente pubblico e una volta approvato dai funzionari preposti al controllo delle prescrizioni impartite, il disegno viene finalmente approvato e le opere possono prendere il via. Un meccanismo nel quale la dottoressa Quatrini, dimostrando di sapersi muovere con disinvoltura, si sarebbe inserita sfruttando la sua posizione per incassare fino a mille euro per ogni pratica illecitamente agevolata.



LE TANGENTI

Il sistema orchestrato dalla Quatrini si basava principalmente sulla capacità di indurre le vittime a una sorta di sudditanza psicologica nei suoi confronti, e alla connivenza di alcuni colleghi pronti a chiudere un occhio proprio su quelle procedure sulle quali avrebbero invece dovuto vigilare. Stando alla ricostruzione offerta dagli inquirenti, tra il 2011 e il 2013, la donna sarebbe stata in grado di imporre ai committenti archeologi di sua fiducia non dipendenti dal ministero. Dal suo ufficio, in posizione “mediana” all’interno della Soprintendenza aveva organizzato un meccanismo semplice: i cittadini che dovevano avviare i lavori si rivolgevano a lei, pagavano, e avevano l’obbligo di assumere un architetto di fiducia della Quatrini per svolgere l’intero incarico che, a quel punto, non incontrata più intoppi. Una squadra di tecnici che, in alcuni casi, lavorando soprattutto grazie alle sue segnalazioni, avrebbero versato una percentuale dei compensi ottenuti alla stessa Quatrini.



In altre circostanze, l’indagata, avrebbe invece percepito direttamente dai privati l’intera somma pattuita per il servizio reso dallo stesso operatore da lei “caldeggiato”. Di fatto, una tangente che in larga parte la dottoressa avrebbe trattenuto per se’, lasciando ai suoi collaboratori solamente qualche briciola. Per ogni nullaosta “garantito” al richiedente, il funzionario sarebbe così arrivata a intascare fino a mille euro. Un importo forse modesto, ma comunque provento di un’attività illegittima.



Oltre all’archeologa finita in manette, sono quattro le persone messe nel mirino degli inquirenti perché ritenute coinvolte nel giro di bustarelle. Due di questi ultimi indagati, colleghi della Quatrini, lavorerebbero come funzionari per la Soprintendenza dei Beni archeologici del Lazio e avrebbero organizzato attività analoghe alla sua. A differenza della dottoressa, però, nei loro confronti non è stata emessa alcuna ordinanza di arresto.
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