Stormfront, ridotte ai 4 imputati le pene in appello per incitamento all'odio razziale

Stormfront, ridotte ai 4 imputati le pene in appello per incitamento all'odio razziale
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Giovedì 13 Febbraio 2014, 17:04 - Ultimo aggiornamento: 14 Febbraio, 14:44
Lievi riduzioni in appello delle condanne inflitte ai quattro giovani accusati di aver promosso e diretto un gruppo il cui fine era l'incitamento all'odio razziale anche mediante la diffusione di scritti attraverso il forum italiano di 'Stormfront'. I giudici della II Corte d'appello di Roma hanno inflitto 2 anni e mezzo di carcere a Daniele Scarpino, e 2 anni e 2 mesi ciascuno a Diego Masi, Luca Ciampaglia e Mirko Viola. Nei loro confronti, revocate anche le misure cautelari in atto (tre erano sottoposti agli arresti domiciliari; uno aveva l'obbligo di firma). Nell'aprile dello scorso anno, all'esito del processo col rito abbreviato, il gup Carmine Castaldo, aveva condannato: Scarpino, milanese di 24 anni (ritenuto l'ideologo del gruppo), a 3 anni di reclusione; Masi (30 anni, di Ceccano in provincia di Frosinone) e Ciampaglia (23 anni, di Atri in provincia di Teramo), entrambi moderatori del forum, a 2 anni e mezzo; Viola, (42 anni, di Cantù in provincia di Como) a 2 anni e 8 mesi. I quattro giovani erano sotto processo perchè accusati di essersi associati in quanto «accomunati da una vocazione ideologica d'estrema destra nazionalsocialista» - si legge nel capo d'imputazione - al fine «di commettere più delitti di diffusione d'idee online e tramite volantinaggio, fondati sulla superiorità della razza bianca, sull'odio razziale, etnico e d'incitamento a commettere atti di discriminazione e di violenza per motivi razziali e tecnici». Secondo l'accusa, tra il 2011 e il 2012, sul forum italiano di Stormfront, attraverso l'uso di pseudonimi, avrebbero diffuso «messaggi, volantini, immagini, video e registrazioni audio, inerenti a tematiche identitarie, al negazionismo dell'olocausto e alle adozioni internazionali, caratterizzati dalla superiorità della razza bianca, dal rancore nei confronti di chi aiuta gli immigrati, dei giornalisti che criticano coloro che plaudono alle SS, degli ebrei, dei negri, dei rom, dei nomadi, degli appartenenti alle forze dell'ordine e alla magistratura, nonchè degli esponenti politici di sinistra sensibili alle esigenze degli immigrati e delle persone di altre razze».



In giudizio, quali parti civili (da risarcire) erano costituiti, tra gli altri, il ministero dell'interno, la presidenza del Consiglio dei ministri, la Comunità ebraica, magistrati, giornalisti e Roberto Saviano.



Le reazioni. «La Comunità ebraica di Roma esprime piena soddisfazione per la sentenza della Corte di appello di Roma nel processo Stormfront. La Corte ha decretato la conferma di tutto l'impianto accusatorio nella sentenza di primo grado ivi compreso il reato associativo, con un lieve sconto sulla pena inflitta ai quattro condannati. È stato così sancito il principio per cui la Rete non è il luogo delle impunità ma è il luogo delle responsabilità. È il segno di una strada tracciata, dove i propagatori di odio sono perseguiti dalla legge e lo saranno ancor di più quando il Parlamento italiano compirà il decisivo passo nella direzione del reato di Negazionismo della Shoah e del Cybercrime. In un momento in cui il pericolo della xenofobia, del razzismo e dell'antisemitismo riaffiorano con becere manifestazioni di singoli o di gruppi, questa è la migliore risposta che l'Italia può dare a un fenomeno che merita di essere debellato». Lo dichiara in una nota la Comunità Ebraica di Roma.



«Questa sentenza», ha spiegato uno dei legali di parte civile, Daniele Stoppello, «sigilla un principio cardine: la diffusione di interpretazioni alternative e deliranti a fatti drammatici come la Shoah non può essere contrabbandata come mera libertà di espressione.
Rivendicare in privato un'idea è una cosa, mentre renderla manifesta al fine di convincere gli altri della sua veridicità è cosa ben diversa. E’ importante che anche nel giudizio di appello sia prevalsa l’impostazione della Procura della Repubblica avallata da tutte le parti civili secondo la quale può essere ravvisato il vincolo associativo anche tra persone che, utilizzando strumenti informatici per commettere reati, agiscono con una finalità distruttiva comune».
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