«La morte di Stefano Cucchi è la conseguenza del pestaggio che ha subito. È morto di tortura per le lesioni che gli sono state inflitte. Dire che non è morto per lesioni è ipocrita».
A prendere la parola oggi al processo d'Appello è stato l'avvocato Fabio Anselmo che si è costituito nel giudizio per conto dei famigliari della vittima.
Questa costituzione però riguarda solo i tre agenti carcerari che in primo grado furono mandati assolti e che ora, secondo quanto richiede il procuratore generale, rischiano la condanna a due anni di reclusione.
Secondo il penalista non c'è alcun dubbio che Cucchi sia stato vittima di un pestaggio e a poter fornire gli elementi per confermare questo l'avvocato Anselmo ha indicato un collega che vide davanti all'aula dove fu convalidato l'arresto di Stefano un giovane in precarie condizioni tanto da ritenere che poteva essere stato percosso.
L'avvocato vide Stefano arrivare in aula in stato di arresto, scortato. «Di corporatura esile - si legge nella lettera - aveva il volto, ed in particolare gli occhi, estremamente arrossato e gonfio, come recante delle tumefazioni. Era come se sotto gli occhi avesse quelle che in gergo comune sono individuate come 'borsè gonfie e di un colore tendente al violaceo. Aveva un'aria di sicuro molto 'provatà. Mentre si dirigeva abbastanza lentamente verso l'aula di udienza, mostrava difficoltà nel camminare; appariva come irrigidito nella coordinazione della deambulazione e se non ricordo male, non sollevava del tutto i piedi da terra ma sembrava trascinarli in avanti ad ogni passo».
I 'segnì, questi, del 'pestaggiò che, secondo la parte civile, sarebbe avvenuto prima dell'udienza di convalida dell'arresto di Stefano Cucchi. Circostanza cronologicamente diversa da quella indicata dal Pg Mario Remus, il quale la scorsa udienza, sposando la tesi del pestaggio, l'ha indicato come avvenuto dopo l'udienza di convalida dell'arresto.