Roma, ecco la mappa dello spaccio: gruppi di stranieri presidiano la movida. Africani all'Esquilino, albanesi a Boccea

Roma, ecco la mappa dello spaccio: gruppi di stranieri presidiano la movida. Africani all'Esquilino, albanesi a Boccea
di Alessia Marani
5 Minuti di Lettura
Lunedì 3 Agosto 2015, 05:23 - Ultimo aggiornamento: 14 Febbraio, 13:53

Agguerriti, pronti a tutto, anche a rischiare di finire in galera per guadagnare poche decine di euro al giorno: eccola la manovalanza straniera che l'altra sera si è ribellata ai controlli dei carabinieri al Pigneto, nuova piazza dello spaccio romano. Per loro, ghanesi, nigeriani, senegalesi, tunisini e marocchini, soprattutto, il prefetto Franco Gabrielli ha promesso il pugno duro: subito l'espulsione per motivi di ordine pubblico e sicurezza. Finora in molti se l'erano cavata pure dopo essere finiti nelle celle di sicurezza di caserme e commissariati: processati per direttissima e subito rimessi in libertà con la pena sospesa o l'obbligo di firma per la “modica quantità” di droga detenuta. L'escamotage è presto detto: nelle tasche (o meglio, nascosti tra le gomme delle auto in sosta o in qualche altro riparo vicino) i pusher non tengono che micro-dosi.

Al massimo spacciano al minuto 0,3 o 0,4 grammi di cocaina o piccole quantità di fumo e rischiano di perdere, se scoperti, una decina di grammi in tutto.

Così molto spesso davanti al magistrato di turno la passano liscia. La loro forza sta nella capillarità: si muovono in gruppetti di 8-10 persone, ognuna con un suo ruolo, avvicinare il cliente, passare la dose, nascondere la droga. E sanno bene che, messi alle strette, possono giocarsi persino l'ultima carta: aggredire il poliziotto o il militare perché per loro spesso è meglio prendersi uno schiaffo che reagire e finire sotto processo.

LA SPARTIZIONE

Partendo da Termini, una sorta di “terra di nessuno” spesso “bistrattata” dagli spacciatori locali che preferiscono restare nelle loro zone, i nuovi signori della droga si sono allargati ai quartieri del Pigneto, di San Lorenzo e dell'Esquilino. Intorno alla stazione ci sono anche i somali che vendono il khat, la droga dei cavalli. Le retate delle forze dell'ordine sono continue, i controlli aumentano e loro si organizzano per rispondere all'offensiva. Non sempre è facile stanarli, perché sono inquilini “fantasma” di appartamenti condivisi oppure perché basta cambiare una lettera ai loro nomi e cognomi per perderne traccia. E se gli italiani hanno paura di “metterci la faccia” e di scendere in strada a fare i vu' cumpra' della droga sulle strade della movida, loro non si fanno intimorire e così la vendono “per conto terzi” dietro una piccola percentuale. Sempre meglio che il niente come alternativa. C'è ancora molto da scoprire sul fenomeno. Le più recenti operazioni dei carabinieri del comando provinciale e del Ros hanno dimostrato che i canali d'approvvigionamento sono sempre gli stessi: il grande narcotraffico in joint venture coi calabresi usa le rotte dal Sudamerica verso i porti di Gioia Tauro, Livorno e Genova per importare fiumi di cocaina; i napoletani e i siciliani sono gli appaltatori e corrieri più affidabili lungo le direttrici che passano per la Spagna; nella Capitale i partner più attivi sono i gruppi legati ai Casamonica e ai Fasciani.

Una geografia della mala scolpita nella mappa di Roma a colpi di agguati e morti ammazzati tra gli anni '90 e 2000 (l'ultimo a finire al carcere duro è Michele o' pazzo, al secolo Michele Senese) e che oggi torna a sussultare sull'eco delle più recenti gambizzazioni tra i lotti di San Basilio. Ma c'è una matrice straniera da non sottovalutare: spesso a rifornire i micro-gruppi arrivano corrieri da Castel Volturno dove nigeriani e ghanesi hanno conquistato un proprio spazio. A gestire il traffico dell'eroina gli specialisti restano gli albanesi che da anni sono il ponte con l'Afghanistan e che sono attivi a Torrevecchia, Boccea e Torre Angela. Infine ci sono i viaggi degli ovulatori (a Caracas esistono scuole in cui i futuri corrieri vengono addestrati per mesi) che passano per l'Olanda e la Germania. Tutti canali che sembrano, dunque, sfuggire all'orbita diretta del crimine organizzato Made in Italy.

I SOCIAL

«C'è una tendenza nuova, inoltre, ad allontanare gli spacciatori italiani dalle strade - spiega Massimo Barra, fondatore di Villa Maraini, l'unico servizio d'emergenza per i tossicomani attivo 24 ore nell'ambito della Croce Rossa - che è quella dei social network. Più difficili da intercettare o decifrare, consumatori e fornitori si riescono a mettere in contatto più facilmente e la consegna avviene sempre più spesso a domicilio». Gli operatori di Villa Maraini assistono circa 500 tossicodipendenti al giorno nell'universo dei trentamila abituali romani. Solo nella zona di Tor Bella Monaca tra giugno e luglio hanno salvato venti persone da overdose. Una piazza ancora autoctona quella della “piccola Scampia” tra le torri di via dell'Archeologia. Eppure anche qui venerdì c'è stata un'altra rivolta contro la polizia per impedire l'arresto di due spacciatori del posto. Qui, come a San Basilio, i nordafricani non hanno messo piede. Troppo remunerativo il business per gli italiani “stipendiati” dai boss locali. Attorno a ogni famiglia dello spaccio si distribuisce la rete dei piccoli sodali: le vedette alle finestre, i vecchietti che arrotondano le pensioni custodendo pacchetti, ciascuno fa il suo e uno spacciatore in galera è reddito che viene a mancare per tutti. Il supermarket della droga resta aperto giorno e notte. I clienti arrivano da ogni parte del Lazio. C'è chi invece del week-end al mare si fa due giorni di sballo all'ombra delle torri.

alessia.marani@ilmessaggero.it