Lo scempio di Roma tra scioperi e cortei: traffico paralizzato, persone sui binari

Lo scempio di Roma tra scioperi e cortei: traffico paralizzato, persone sui binari
di Mario Ajello
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Sabato 3 Ottobre 2015, 06:16 - Ultimo aggiornamento: 09:21
Vista così, inerme e bloccata da un sindacatuccio che la rapisce e la tiene in ostaggio, Roma è un teatro della catastrofe. Un Pantheon di speranze defunte.



L'unica cosa che si muove, nella città paralizzata, senza metro, con qualche bus traballante e scalcagnato quando c'è, è la colonna di centinaia di persone che alle 13, all'altezza dell'Auditorium, si mettono in marcia trascinando borse, buste, zaini, disperazione e rabbia, lungo i binari del tram numero 2 che non passa e che dovrebbe andare a Piazzale Flaminio. Ma oggi no, il ricatto ha paralizzato tutto.





E la scena della colonna umana che può contare soltanto sui propri polpacci ricorda quella dei profughi in cammino al confine con l'Ungheria. C'è la suora a cui fanno male i piedi, la vecchietta che vorrebbe farsi prendere sulle spalle da qualcuno, gli studenti rattristati in una città nemica. La cui unica consolazione è che, essendo bloccata e inutilizzabile anche la metro, «almeno non ci cade in testa il contro-soffitto della stazione di Piazza di Spagna», come è accaduto giorni fa.



CITTÀ CHIUSA

La scioperite che aggredisce l'Urbe, più i cortei di studenti che l'hanno invasa anche se non erano oceanici, più varie proteste qua e là con qualche piccolo scontro di piazza, hanno paralizzato la Flaminia, la Cassia, la Salaria, la Portuense, la Casilina. Guai ad arrischiarsi sul raccordo anulare, a meno che non la si pensi come il fake del sindaco il quale, su twitter, scrive spiritosamente ai viandanti immobili, ai cittadini umiliati e offesi dalla sigla Usb (172 iscritti nel settore trasporti che calpestano i diritti di libertà di tre milioni di romani), a questo popolo che se non avesse alle spalle millenni di civiltà avrebbe già agitato i forconi: «Roma tutto ok. Code di 10 km sul Gra. Tangenziale intasata. File alla metro. La Capitale è tornata alla normalità. Avete visto che sono di parola?». I pullman, quelli in servizio, vengono presi d'assalto. Ma duecento persone sul bus 200 non riescono ad essere contenute. Gli altri mezzi, e sembrano la maggior parte, recano la scritta «Deposito» come destinazione. A Balduina un tizio blocca il bus e supplica l'autista che vorrebbe buttarlo sotto ma all'ultimo istante si trattiene: «Non è che mi può dare un passaggio? Magari il Deposito è vicino casa mia».



Quello, come si dice a Roma, gli «imbruttisce» e lo lascia a piedi. Pietrificato nel suo sconforto, identico a quello di tante altre vittime come lui del menefreghismo travestito da difesa dei diritti (solo i propri, naturalmente), che - botta dopo botta, sciopero dopo sciopero e ce ne sono come minimo due al mese - porta molti a pensarla così: l'idea di migliorare Roma ormai è più eroica che ragionevole. Come se il Giubileo («Ggiubbileooo? Ggiubbi.... che?! Qua è 'n inferno!», è lo sfogo di chi sta aspettando da un'ora un taxi a Monte Sacro) non fosse alle porte e come se Roma non stesse ben messa nella gara per aggiudicarsi la grande chance delle Olimpiadi.



PARAGONI

Ma le micro-corporazioni del «chissene» se ne infischiano che Roma si sta suicidando anche a causa del loro sfascismo e che Milano invece, con l'Expo da venti milioni di persone e nessun problema, sta surclassando Roma. Ah, sì? Ma stika! Rispondono i kamikaze dell'irresponsabilità che si rifiutano di far partire i convogli della linea A e B e che meriterebbero una legge contro le astensioni dal lavoro minoritarie, ingiustificate e ricattatorie (per il Giubileo ci sarà questo miracolo?) capace di stroncare l'epidemia della scioperite ai danni della collettività. Ieri a Radio Anch'io si è persino ascoltato il paradosso di un dirigente Usb il quale ha detto: «Hanno la pretesa di toglierci parte della retribuzione legandola alla nostra presenza sul posto di lavoro». Cioè - attentato alla democrazia! - di pagarli solo se lavorano.



A una fermata della metro in zona Aurelia si materializzano a un certo punto alcuni addetti dell'Atac. La domanda che viene loro rivolta è sempre la stessa: «A che ora riapre la metro?». Uno non risponde. Uno dice «alle cinque». Uno allarga le braccia e afferma: «Boh». Un altro spiega: «Di sicuro, domani funzionerà». Di sicuro? C'è ancora qualcosa di prevedibile nell'incertezza Capitale?

Jep Gambardella, nella «Grande Bellezza», sostiene che «i migliori abitanti di Roma sono i turisti». Dunque, in questa città alla rovescia, vanno particolarmente maltrattati. Eccoli, a centinaia, che cercano di prendere la metro a Ottaviano, cioè alla fermata del Vaticano. E' una processione penosa. C'è chi vede l'ingresso sbarrato e torna indietro. Chi batte con i pugni contro la cancellata che sembra un muro di gomma. Chi scende le scale, dando per scontato che una metro è una metro e la metro è un oggetto funzionante, ma l'ovvio non abita da queste parti, e viene respinto dall'orrida barriera di metallo marrone. Chi in inglese, sarcasticamente, grida «Perfect!» (la perfezione di Roma nel farsi del male da sola) o amaramente: «My God...».



I FORTUNATISSIMI

I più fortunati, al mattino, hanno acciuffato un taxi alla stazione, dopo un'ora di attesa, e poi hanno impiegato 40 minuti da Termini a San Lorenzo, quando normalmente (ma dov'è più la normalità?) ce ne vorrebbero 4. Altri miracolati un taxi lo hanno trovato, ma un taxi che è diventato taxi collettivo - come nei Paesi più disgraziati dell'America Latina o come forse nel Gabon - perchè la situazione è hard e bisogna adattarsi. I bus che non ci sono o non si fermano spingono un anziano a gridare al vento: «'Sti barbariiii!». Un altro vecchietto, sugli ottantacinque, alla stazione del trenino Roma-Ostia è sconcertato: «I mezzi pubblici, a Roma, funzionavano pure sotto le bombe degli americani. Ma adesso è peggio che stare in guerra». E lui, come tutti, non riesce a capire perchè Roma, più di qualsiasi altra capitale, debba pagare un tributo così alto all'inciviltà spacciata per cultura sindacale.