San Basilio, clan in guerra per gli appalti
polizia sulle tracce dei fratelli Primavera

San Basilio, clan in guerra per gli appalti polizia sulle tracce dei fratelli Primavera
di Adelaide Pierucci
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Domenica 2 Agosto 2015, 06:13 - Ultimo aggiornamento: 10:05
Non esistono a San Basilio i colletti bianchi. Ma ogni piazza è gestita con metodi imprenditoriali. I capi distribuiscono da casa carichi e lavoro, i contabili distinguono gli incassi di coca, eroina ed erba, i pusher sono sui marciapiedi e le vedette, pagate a giornata, sui tetti. Qui lo spaccio fai-da-te è superato. Le piazze, cinque per la precisione, lavorano a pieno ritmo, anche ventiquattro ore al giorno. E visto che gli incassi ci sono, c'è chi come i Primavera, padroni della «piazza» di via Tranfo, puntano a fare affari anche fuori quartiere, come quando hanno cercato di pilotare l'appalto per l'assegnazione della camera mortuaria del Sant'Andrea in favore della famiglia di “cassamortari” Taffo, un affare che proprio qualche giorno fa ha portato all'arresto del direttore generale Egisto Bianconi. Trattative portate avanti con estremo cinismo, tanto che i Primavera e i loro interlocutori nelle intercettazioni arrivano a ridere dei morti. «Se attacchi alle due stacchi a mezzonotte», istruisce un pusher un nuovo lavorante, «giusto dalle otto alle nove puoi andare a cena». Le retate non scalfiscono le gang radicate nel quartiere. La «sfida» con le forze di polizia è continua, si legge nell'ordinanza che ha svelato il sistema dell'ospedale Sant'Andrea e ha fotografato lo spaccio a San Basilio. Le guardie mettono le telecamere, i pusher le smontano. Le aiuole sono i ripostigli della droga e chi fiata viene gambizzato, per affari di droga e non solo.



LA SFIDA

L'ultima inchiesta della procura - coordinata dai pm Cardia, Sargenti e Fasanelli - ha portato a galla il sistema dei fratelli Primavera, Daniele e Fabrizio, due trentenni ora latitanti insieme al padre, Guerrino. Chi li abbia avvisati degli arresti in vista non si sa. Ma venerdì a casa non si sono fatti trovare. Di sicuro non li ha informati Diego Cardella, l'assistente capo di polizia in servizio al commissariato Viminale, che li spalleggiava. Lui è stato il primo nella retata a finire in galera. Stavolta niente soffiata. Paolo Bacchiani, uomo di fiducia dei Gallace, famiglia calabrese, che in una piazza ha lavorato per anni, le conosceva bene quelle vie. Il primo pentito di San Basilio nel 2014 ha raccontato ai pm come funzionavano. E tutto poi è stato provato. «San Basilio», diceva, «è come una ditta che deve andare avanti. Se viene arrestato chi dirige, continua un parente o un fiduciario». La spese legali, poi ai detenuti, vengono pagate dai capi: basta restare zitti e non «cantare». San Basilio, ha spiegato Bacchiani, è una torta divisa in cinque piazze: «La prima gestita dai Cataldi, la seconda detta la Lupa dai Cimino, una terza dai fratelli Primavera e l'ultima dal figlio di tale “Fabio il nero”. C'è poi un'altra piazza che è in mano al Pupillo». Tre turni di spaccio. Fino a 30mila euro al giorno di incasso. E a volte si fa la fila dei clienti intralcia il traffico.

GLI SGARRI

Perché, annotano i carabinieri di Montesacro e gli agenti della Mobile, l'associazione criminale dei Primavera è gestita con modalità imprenditoriali ed è rivolta a una vasta clientela per lo più esterna al quartiere. Qui gli sgarri vengono pagati con le gambizzazioni. Uno dei fratelli Primavera lo sa bene. È accusato di aver fatto sparare a un rivale a Fonte Nuova un paio di anni fa. Così in caso di arresto dovrà pagare anche per quello. Per i magistrati il gruppo che fa capo ai fratelli Primavera, una decina di persone in tutto, ha il controllo assoluto dell'attività di spaccio nella zona compresa tra via Carlo Tranfo, i parcheggi e i palazzi posteriori di via Mechelli (civici dispari), dove opera dalle ore 14-15 fino alle 24 di ogni giorno (con pausa-cena tra le 20 e le 21). L'area accessibile solo da via Mechelli e via Montegiorgio permette un completo controllo territoriale con “sentinelle” piazzate nei punti strategici (anche sui tetti degli edifici) per rilevare immediatamente l'arrivo delle «guardie».