Il quadro che aveva ricostruito in aula il sostituto procuratore Erminio Amelio, dopo aver spedito a giudizio sia il vigile urbano Giuseppe Grifalchi che l'ispettore Asl Antonio Colavecchi, ha retto davanti alla corte dell'ottava sezione collegiale del tribunale.
«E' stato il mio primo business» aveva raccontato in aula l'imprenditore portoghese che aveva comprato l'attività nel 2008 «Pensavo fosse tutto regolare, visto che avevo cambiato solo la vetrina. E invece ricevevamo pressioni». Le indagini erano iniziate con una denuncia del febbraio 2011 presentata in procura dalle titolari subentranti. In una udienza precedente erano state loro a raccontare l'odissea: «Nel giugno del 2010 abbiamo rilevato l'attività: una settimana dopo l'apertura si è presentato un vigile in borghese, il Grifalchi, dicendo che il centro non era in regola». Il vigile avrebbe lasciato il suo numero di telefono e, pochi giorni dopo, avrebbe concordato un incontro per la «consegna di un'agenda contenente una banconota da 100 euro».
LA DIFESA
La difesa non nega che il vigile abbia preso l'agenda. «Il vigile l'ha però buttata nel primo cestino senza neanche aprirla» era stata la precisazione. «Il vigile, con le contravvenzioni, aveva contestato due gravi irregolarità mai impugnate dalle titolari proprio perché le contestazioni erano regolari. E visto che era circolata la battuta “Qui magnano tutti”, forse c'era stato un tentativo al contrario di condizionare il vigile, sempre rimasto onesto».
Anche un altro centro estetico, gestito da una donna tailandese, chiamata a testimoniare, sarebbe stato oggetto di attenzioni da parte degli imputati. In quel caso, però, la pretesa avrebbe riguardato massaggi gratis. Gli imputati hanno annunciato appello.