Caso Capitale, la solitudine del sindaco in assenza di una svolta

di Mario Ajello
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Martedì 23 Giugno 2015, 22:40 - Ultimo aggiornamento: 24 Giugno, 00:01
Una solitudine che pregiudica la possibilità di una svolta. È quella in cui Ignazio Marino si è venuto a trovare. Nessuno mette in discussione l’intenzione autentica, da parte del sindaco, di cambiare passo e di rilanciare la sua azione di governo. Ma il suo tentativo rischia di risultare tardivo, perché cade in un contesto di scetticismo generale, e le chance della ripartenza si vanno continuamente assottigliando per effetto di una crisi di fiducia diffusa e profonda.

Vengono meno, una dopo l’altra, le sponde che potrebbero aiutare il sindaco nel suo eventuale riscatto. Matteo Renzi continua in maniera lampante a prendere le distanze da Marino. Gli assessori chiave annunciano le dimissioni, è il caso di Guido Improta, o stanno per abbandonare la giunta, ed è il caso di Silvia Scozzese. Il mondo produttivo denuncia la paralisi «che sta affondando Roma». La politica nazionale e quella locale manifestano ogni istante di più la propria non condivisione dei destini di un sindaco chiuso nel fortilizio Campidoglio e sempre più sconnesso dalla città reale.

E c’è lo scontento dei cittadini che vedono la Capitale in preda a problemi che non sono stati risolti e che rendono difficile la vita quotidiana. La caduta di un pezzo di fiducia dopo l’altro: ecco perché, dopo la discesa ardita, la risalita di Marino appare un sogno inafferrabile.



È venuto meno, in queste ore, anche il sostegno di quell’eccellenza economico-culturale, che Marino sventolava come fiore all’occhiello del Campidoglio, rappresentata dal Cda di Palaexpo, che si è dimesso in massa insieme al suo presidente Franco Bernabè.



Così, i sei mesi che ci separano dall’inizio del Giubileo, termine entro il quale il sindaco poteva dare i primi e decisivi segnali di inversione di rotta, sembrano essersi contratti di colpo. In un crescente clima di disincanto e di critica che non autorizza previsioni rosee per la giunta. Marino, fin dagli esordi con lo slogan «Non è politica, è Roma», aveva puntato non sui partiti ma sulla società civile. E proprio questa però sta ora reagendo in maniera fredda ai destini del primo cittadino. Perfino il tentativo di rifugio nel popolo del Pd come nuova fonte battesimale - si veda l’apparizione dell’altra sera alla Festa dell’Unità, tra gli applausi dei militanti - risulta insufficiente da parte di Marino. Non basta per placare e per convincere la stragrande maggioranza dei romani che non si accontentano di slogan da comizio old style e guardano solo ai fatti.

Si è capito, intanto, che la gestione del Giubileo viene affidata non a Marino ma al prefetto Gabrielli. Il quale oltretutto, per la sua attesa e temutissima relazione su Roma, è diventato una incarnazione del Giudizio di Dio. In attesa di quello, ognuno dice la sua preghiera.