Un ragazzo che viene investito e poi un'unica domanda «perché il bus non si è fermato?». Ieri hanno testimoniato almeno otto persone davanti al pm Elena Neri che indaga sulla morte di Alessandro Di Santo, il ventenne investito da un bus a piazza Venezia poco dopo le 3 di sabato.
Hanno parlato non solo gli amici del giovane, ma anche passanti che hanno assistito all'incidente e hanno visto il bus investire il giovane e andare via nonostante il corpo della vittima fosse a terra. C'è chi avrebbe chiesto insistentemente, senza darsi pace: «Perché il mezzo ha continuato la sua corsa? Perché?». L'autista della linea N4 della Roma Tpl, risultato negativo ai test sull'assunzione di droghe o alcol, è accusato di omicidio colposo.
LA RICOSTRUZIONE
Alessandro aveva trascorso la serata insieme ad altri quattro amici, poi sono andati a prendere il bus per tornare a casa.
Secondo la ricostruzione di Agenzia per la Mobilità il gruppo di giovani «ha accostato il mezzo sul fianco sinistro chiedendo all'autista, attraverso il finestrino lato guida, di salire a bordo. Non essendo in area di fermata, il conducente ha respinto la richiesta ed è ripartito non accorgendosi di quanto è accaduto dopo. Nel successivo esame in rimessa, segni dell'impatto sono stati trovati vicino alla ruota posteriore sinistra». Neanche i passeggeri del bus si sarebbero accorti del povero Alessandro investito: a bordo c'erano anche amici della vittima.
«Un tonfo» avrebbero sentito, ma non chiaramente distinguibile. Solo le immagini della videosorveglianza e le analisi della polizia scientifica sul bus potranno ricostruire l'esatta dinamica dell'incidente. Sul corpo di Alessandro verrà disposta l'autopsia per raccogliere informazioni fondamentali per capire in che modo il bus ha travolto il ragazzo. Ieri il comandante del Gruppo Appio dei vigili urbani di Roma, Lorenzo Botta, ha fatto un appello: «Chiunque era lì, venga a testimoniare».