Roma, laurea inventata e parcelle milionarie: la truffa del falso avvocato

Roma, laurea inventata e parcelle milionarie: la truffa del falso avvocato
di Michela Allegri
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Mercoledì 29 Aprile 2015, 06:33 - Ultimo aggiornamento: 30 Aprile, 15:25

Atti falsi alla mano, si è fabbricato un curriculum di tutto rispetto: per anni, ha lavorato come avvocato, senza essere nemmeno in possesso di una laurea in giurisprudenza. Giovanni B., cinquantenne romano, ha beffato il Consiglio dell'Ordine, il Comune di Roma e, infine, i clienti che si sono rivolti a lui, staccando parcelle milionarie, convinti di essersi affidati a un professionista. Ora, però, il finto penalista rischia di finire a processo: il pubblico ministero Antonino Di Maio ha chiesto che venga rinviato a giudizio per falso, truffa ed esercizio abusivo del titolo.

LA TRUFFA La trama dell'inganno, inizia a prendere forma nel 2010. È il 4 ottobre quando Giovanni B. attesta all'Ordine degli Avvocati del foro di Roma di aver conseguito la laurea in giurisprudenza nel 1988, presso l'università La Sapienza, e di aver anche conseguito l'abilitazione all'esercizio della professione, nel 2001, presso la Corte d'Appello. Secondo la Procura, le dichiarazioni sarebbero false. La seconda menzogna, l'imputato l'avrebbe detta ai funzionari dell'Anagrafe: avrebbe dichiarato di lavorare come consulente legale, facendo verbalizzare il tutto in calce alla carta d'identità. Come si legge negli atti della Procura, Giovanni avrebbe esercitato abusivamente fino al 2013, truffando i clienti che negli anni hanno bussato al suo studio in cerca di un difensore.

LE VITTIME Una delle vittime è Tiziana T., 40 anni. Nell'aprile di due anni fa si è rivolta al falso avvocato, incaricandolo di seguire un procedimento penale in cui era parte offesa. L'imputato, secondo l'accusa, avrebbe letteralmente ingannato la sua assistita, «mediante artifizi e raggiri - scrive il pm Di Maio nel capo d'imputazione - al fine di procurarsi un ingiusto profitto con altrui danno, inducendo in errore la vittima circa la sua reale abilitazione e legittimazione ad esercitare la professione, con l'aggravante di aver commesso il fatto con abuso di relazioni di prestazione d'opera».

In particolare, Giovanni B. avrebbe finto di svolgere il lavoro, o lo avrebbe svolto senza averne titolo. Per saldare la parcella del sedicente penalista, la donna ha pagato un acconto di 5 mila euro, a cui poi ne ha aggiunti altri 300 in contanti. Ma non era abbastanza: Tiziana ha anche denunciato di aver consegnato al finto legale una collezione di gioielli del valore di 25 mila euro. Anche Fengwei Q. ha dichiarato di essere stato truffato. Si era rivolto all'imputato incaricandolo di seguire un ricorso presentato al Tar del Lazio contro il Comune di Roma.

Secondo gli inquirenti, il finto professionista avrebbe addirittura contraffatto un'ordinanza del tribunale amministrativo, fingendo di aver portato avanti la causa: avrebbe «aggiunto nel documento sia la firma del presunto estensore che quella del presidente, apponendo il relativo timbro recante la dicitura "depositata in segreteria" e falsificando la firma del segretario di sezione», annota il pm che ha chiesto il processo per l'imputato. Ora, la decisione passa nelle mani del giudice per l'udienza preliminare.