Rifiuti, parla il presidente di Ama Fortini
«A Roma non c’è più posto per Cerroni»

Daniele Fortini, presidente Ama
di Mauro Evangelisti
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Domenica 13 Luglio 2014, 01:56 - Ultimo aggiornamento: 11:03

Stretta contro l’assenteismo, dirigenti per strada per capire se la raccolta dei rifiuti sta funzionando. E addio all’abbraccio mortale con Cerroni. Eccola, in sintesi, la ricetta di Daniele Fortini, presidente e ad dell’Ama.

I romani sono infuriati a causa dei rifiuti sui marciapiedi.

«La situazione sta tornando alla normalità. Ora però dobbiamo recuperare sul fronte dello spazzamento delle strade».

Cosa è successo?

«Contemporaneamente c’è stato un guasto all’impianto di Rocca Cencia, si sono fermate due linee di incenerimento degli impianti del nord.

E c’è stato un problema all’inceneritore di Colleferro. Poi ci sono altre concause, molto minori».

Quali?

«Ad esempio il fenomeno, nella zona est, del passaggio di cittadini di centri confinanti dove si fa il porta a porta, che gettano i rifiuti vicino ai cassonetti di Roma. O i rovistatori che abbandonano la spazzatura sui marciapiedi. Ma ovviamente le cause sono strutturali. I Tmb di Roma possono trattare 3.000 tonnellate di indifferenziato, la città ne produce 3.300. Siamo al limite. Abbiamo affittato un tritovagliatore fino a gennaio, che tratterà 200 tonnellate, sarà utile fino a quando la differenziata non ridurrà i rifiuti da trattare».

Non ci potevate pensare prima?

«Contavamo di usare altri Tmb nel Lazio come nel 2013. Non è stato possibile, nonostante l’impegno della Regione. Una cosa non mi spiego: perché a maggio 2013, quando fu aperto il primo tritovagliatore, la vecchia amministrazione lo fece fare a Cerroni? Perché non ad Ama?».

Su Cerroni torneremo dopo. Ma che fanno i dirigenti per strada?

«L’Ama ha 18 dirigenti, la metà dell’azienda di Milano. Ogni notte, anche quelli amministrativi, vanno con l’auto privata nei quartieri a verificare se vi siano cassonetti non svuotati, aree non ripulite, sollecitano i capi zona. Magari vanno nei bar frequentati dai dipendenti: se li incontrano, offrono loro un caffè. Poi però dopo 5 minuti si torna a lavorare. Ora tutti dobbiamo dare il massimo».

Perché il caos è a macchia di leopardo?

«Due spiegazioni. In alcuni quartieri c’è la concentrazione di dipendenti che per ragioni di salute sono esentati da alcune mansioni. E in certe aree più dipendenti hanno accettato di spostarsi nelle zone del porta a porta. Andremo a un riequilibrio».

Via il personale dagli uffici, più dipendenti per strada?

«Sì. Apriremo uffici in tutti i Municipi. E molti andranno per strada a fare i controlli»

Secondo Marino l’Ama è un disastro per l’assenteismo.

«I dati: quando sono arrivato le assenze erano al 19%, oggi siamo al 16. Entro fine arriveremo al 13. I sindacati sono d’accordo. Due i fronti: all’Ama ci sono troppi malati, siamo al 7,5%, 2 punti in più della media nazionale. Ci saranno controlli più rigorosi dei certificati. È anomalo il dato del personale che beneficia della legge 104 (chi assiste un parente disabile): diritto sacrosanto, ma qui sono il 3,5, la media nazionale è del 2».

Non si vedono soluzioni strutturali.

«Stanno arrivando. A fine anno ci avvicineremo al 50% con la differenziata. Qui a Roma ho trovato un sistema arcaico, costruito con un unico scopo: alimentare la buca di Malagrotta. Pensiamo alla frazione organica: Roma ne produce 170 mila tonnellate annue, ci sono solo due impianti, uno a Maccarese (20 mila), l’altro ad Aprilia (10 mila). Il resto va al nord, paghiamo caro questo servizio. Nel piano industriale ho previsto due impianti di compostaggio. Si possono fare in 14-18 mesi, le istituzioni ci rilascino le autorizzazioni in 3 mesi».

Che ne sarà dell’inceneritore di Malagrotta che Cerroni vuole fare partire?

«Non serve. Nel futuro della gestione dei rifiuti della Capitale non c’è più posto per Cerroni. Siamo pronti ad acquisire i suoi due Tmb».

Cerroni chiede 900 milioni di euro di danni per la mancata accensione dell’inceneritore.

«Abbiamo fermato quell’arbitrato. Il sindaco e io andammo a parlare con il procuratore Pignatone, molte cose sono cambiate».

Lei ha lavorato all’azienda dei rifiuti di Napoli. Fu più complicato?

«Ovvio, non è paragonabile a Roma. Dovevamo anche contrastare la camorra».

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