Rifiuti, le telefonate pericolose di Civita e il ruolo di Montino «politico di riferimento»

Michele Civita (a sinistra) ed Esterino Montino
di Lorenzo De Cicco
2 Minuti di Lettura
Giovedì 16 Gennaio 2014, 09:40 - Ultimo aggiornamento: 17 Gennaio, 07:59
​Non solo favori, permessi facili, controlli pilotati. Manlio Cerroni, il ras delle discariche che per decenni ha pilotato il business maleodorante della raccolta dei rifiuti nella capitale, poteva godere persino delle coperture dei politici di alto rango. Soprattutto in casa Pd. Da Michele Civita, ex assessore regionale all’Ambiente a Esterino Montino, vicepresidente della Regione ai tempi di Piero Marrazzo, fino allo stato maggiore di Legambiente, con Mario Di Carlo e Giovanni Hermanin, all'epoca dei fatti rispettivamente assessore alla Casa e presidente di Ama. E il sistema era talmente strutturato da portare un politico con le responsabilità di Michele Civita (Pd) a promettere al ras del discariche i provvedimenti di proroga che richiedeva e persino a mentire agli investigatori della procura che già svolgevano le prime indagini su Cerroni e sulla sua struttura criminale.



IL MARESCIALLO

Una delle telefonate agli atti dell’inchiesta racconta come proprio Civita depista in qualche modo un maresciallo dei Carabinieri nel Noe che sta facendo accertamenti su Cerroni: Si legge nell’informativa: «Cerroni è riuscito, con la minaccia del problema igienico sanitario, ad ottenere la tanto agognata autorizzazione. Sempre Cerroni riferisce all’Assessore che sta per eleggere domicilio dinanzi al Maresciallo del Noe. Proprio in tale circostanza il Cerroni fa interloquire il Maresciallo Tagliaferri del Noe con l’Assessore Civita il quale avvisa il Maresciallo dell’imminente varo della nuova autorizzazione sotto le mentite spoglie di un rinnovo».



SOGGETTO DI RIFERIMENTO

In un’altra informativa dell’Arma si legge invece che Esterino Montino, oggi sindaco del comune di Fiumicino, era il «soggetto politico di riferimento» delegato da Marrazzo come «referente per la conduzione dell'operazione legata alla realizzazione dell'impianto di Albano Laziale», intorno alla quale ruota un pezzo importante dell’indagine. Secondo gli investigatori Montino sarebbe stato colui che «lavorava per creare una rete di consensi politici alla realizzazione dell'opera» del termovalorizzatore di Albano. E questo, nonostante il provvedimento negativo della valutazione ambientale. Emergerebbe quindi la «volontà di portare avanti il progetto nonostante la presenza di vincoli e ostacoli tecnico-ambientali». Montino, secondo gli investigatori, si sarebbe mosso per ottenere vantaggi «politico-funzionali», dunque vantaggi per la carriera. Dal complesso delle intercettazioni dirette ed indirette, scrivono i carabinieri, «ne discende un quadro, a suo carico, di fattiva ingerenza finalizzata ad agevolare i processi autorizzativi dell'impianto anche in assenza di un quadro programmatico che ne prevedeva la realizzazione» e nonostante la presenza «di un atto di valutazione ambientale negativo già redatto ed ufficializzato». Secondo gli investigatori Montino conosceva «il provvedimento negativo di valutazione ambientale che sin dal marzo del 2008 segnava l'esistenza del progetto del termovalorizzatore».
© RIPRODUZIONE RISERVATA