Parla il pugile gambizzato «Forse una vendetta per una ragazzata. Ora vinco l’Europeo e apro una pizzeria»

Mirco Ricci
di Adelaide Pierucci
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Lunedì 21 Luglio 2014, 11:39 - Ultimo aggiornamento: 22 Luglio, 15:41

Le ipotesi sono due. O si sono impauriti, non ci hanno capito pi niente e hanno cominciato a sparare alla cieca, o mi volevano proprio ammazzare. Hanno sparato cinque colpi e tutti dentro l'auto. E non si usa una pistola così a caso, con tanta insistenza, su una Cinquecento con tre donne sopra, incolonnata nel traffico. So solo che se avessi avuto la cintura allacciata mi avrebbero fatto fuori di sicuro». Mirco Ricci, 23 anni, il pugile rimasto vittima di un attentato dopo aver riconfermato il titolo italiano dei pesimassimi a Caracalla, parla con un filo di voce dal letto del reparto di ortopedia del Gemelli dov’è ricoverato. Un proiettile gli ha trapassato una gamba, un altro gli si è conficcato nel fondoschiena e, sedato e, a digiuno, sta aspettando di entrare in camera operatoria per l'estrazione. Affida la sua versione dei fatti alle parole della fidanzata Rubina, figlia di una criminologa, che non lo ha lasciato solo per un minuto.

Cosa ricorda?

«Ho capito subito che avevano cattive intenzioni. Dallo sguardo, ma anche dai giubbotti invernali in pieno estate. Dal fatto che il motorino ci stava alle costole» ha riferito il pugile alla fidanzata. «Sono cresciuto per strada a Bravetta, ed ho un sesto senso per certe cose. Non ho fatto in tempo a dirlo a Rubina che ho visto spuntare l'arma».

Quindi?

«Ho pensato che non avevo scampo, che non avevamo scampo. Avevo appena rivinto il titolo nazionale. La felicità dopo la vittoria si è spenta in un attimo. Ho pensato a Rubina, alle ragazze che erano con me. Ho cercato di farcela, per me e per loro. Mi sono buttato con il mio corpo prima sulla ragazza che guidava e poi dietro su Rubina, mentre un'altra nostra amica si era accucciata sotto al sedile».

Un tentato omicidio in piena regola?

«Una esecuzione. In quel momento ho pensato a una esecuzione, senza spiegarmi il perché. Forse una vendetta per una ragazzata. Eravamo fermi all'altezza della discoteca "Il bosco delle fragole", l'ex "Chalet", dietro l'Olimpico. Era mezzanotte e cinquanta minuti. Ma non eravamo andati in discoteca, nessuna serata da sballo. Facevamo quella strada per rincasare verso la Camilluccia, dopo il match alle Terme di Caracalla. Eravamo talmente tranquilli che Rubina ha scambiato i due sullo scooter per miei fans. "Non pensare male" mi ha detto "ti vorranno salutare. Piuttosto dagli la mano". Uno aveva una kefiah, l'altro una bandana. Ed erano pronti ad uccidere. Ho avuto quella sensazione».

Poi?

«Poi, non so come, ci siamo salvati tutti. In una frazione di minuto ci hanno esploso contro cinque colpi. Rubina piangeva: "Amore, no, no...". Un incubo».

Secondo lei chi è stato?

«Qualcuno pagato per fare un lavoro sporco».

Tornare sul ring non sarà facile?

«Mi rimetterò in forma. E sarò di nuovo sul ring. E' quella la mia casa. Ora devo riprendermi, capire quello che mi è successo per poi buttarmi a capofitto sugli Europei. Con il premio della vittoria voglio aprire una pizzeria, fare un lavoro normale». Il resto lo racconta direttamente Rubina: «Devono averlo preso al primo colpo esploso. Quando si è accasciato sulla ragazza che guidava per proteggerla era già ferito. Ma il tipo con la pistola ha ripreso a scarrellare l'arma e a sparare ancora nonostante rischiassero di rimanere intrappolati nel traffico. Uno dopo l'altro, abbiamo contato cinque colpi. Ad ogni colpo, ho pensato: adesso è finita. Non so come siamo riusciti a salvarci. Con il primo colpo l'avevano già gambizzato, con gli altri che dovevano fare?».

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