Quartieri a luci rosse a Roma, nel progetto sicurezza e incassi per il fisco

Quartieri a luci rosse a Roma, nel progetto sicurezza e incassi per il fisco
di Laura Bogliolo
3 Minuti di Lettura
Domenica 25 Maggio 2014, 09:35 - Ultimo aggiornamento: 11 Febbraio, 08:13

Avranno un tesserino anonimo, una matricola, pagheranno 12.000 euro l’anno alla Camera di Commercio (6.000 se svolgeranno la professione part time) e denunceranno i guadagni al Fisco pagando quindi le tasse.

Potranno esercitare la professione non in «case chiuse», ma in appartamenti senza che l’affittuario venga denunciato per favoreggiamento della prostituzione oppure in strade ben definite dall’amministrazione comunale. Il giro d’affari della prostituzione a Roma è stimato in 2,5 miliardi l’anno, con una potenziale entrata di 1 miliardo per le casse del Comune nel caso in cui le zone a luci rosse fossero autorizzate così come prevede il disegno di legge numero 1201 presentato dalla senatrice Pd Maria Spilabotte. L’argomento è delicato, dietro la prostituzione molto spesso si nascondono vere e proprie forme di schiavitù. E il dibattito politico è ancora aperto: si teme che le zone a luci rosse possano trasformarsi in terre di nessuno, dove la criminalità organizzata continui a gestire un traffico che vede vittime anche minorenni.

Controlli, sicurezza e vigilanza sono gli elementi che non possono mancare in quella che si annuncia come una rivoluzione che provoca non pochi malumori. L’iter è ancora lungo, il progetto è all’esame delle commissioni Affari costituzionali e Giustizia e probabilmente sarà oggetto di pareri anche delle commissioni Bilancio e Lavoro. Intanto, l’idea ha incassato il sì del sindaco Ignazio Marino che giorni fa si è detto favorevole all’istituzione di «zone in cui possa esserci la prostituzione e zone dove invece sia proibita».

Dietro il progetto c’è la volontà di reprimere il fenomeno dello sfruttamento della prostituzione gestito dalla criminalità organizzata che - è scritto nella relazione che accompagna il disegno di legge sulla regolamentazione del fenomeno della prostituzione - «predispone luoghi di abitazione, mezzi di locomozione, false documentazioni di identità, sottraendo a chi si prostituisce oltre il 70-80% del ricavato».

I NUMERI

A fare la stima del giro d’affari della prostituzione a Roma è proprio la senatrice Spilabotte: «Secondo dati delle forze dell’ordine e di comitati per la difesa dei diritti delle prostitute, in tutta la Penisola il giro di affari si aggira sui 10 miliardi di euro l’anno, a Roma è pari a 2,5 miliardi, con una stima di entrate con le tasse di un miliardo». Cifre da capogiro, dietro le quali molto spesso c’è il fenomeno della riduzione in schiavitù di ragazzine straniere costrette sulla strada. Nel disegno di legge niente case chiuse, quindi, ma la «zonizzazione» della prostituzione. A sollevare dubbi sulla proposta c’è anche Sveva Belviso, vicesindaco nella giunta Alemanno, attualmente capogruppo Ncd in Campidoglio: «Sono contraria ai quartieri a luci rosse perché sembrano degli zoo, ghettizzano le donne e rubano spazi ai cittadini, sono favorevole alle case chiuse, trasformando in reato la prostituzione in strada».

CONTROLLI

Un fenomeno, quello della prostituzione e dello sfruttamento con vere forme di schiavitù che non accenna a diminuire nella capitale: nel 2011 soltanto i vigili hanno effettuato 25.000 controlli, sono state registrate oltre 15.000 violazioni, soprattutto nelle aree Tiburtina, Togliatti, Prenestina, Eur. Nel disegno di legge sono previsti controlli sanitari, la presentazione di «un certificato di sana e robusta costituzione». «Non sono favorevole alle zone a luci rosse - dice Francesco Carchedi, sociologo, ricercatore della onlus Parsec - ma all’inserimento di postazioni che offrano collegamenti con i servizi sociali nelle vie dove purtroppo c’è la prostituzione: l’obiettivo deve essere offrire una via di uscita dallo sfruttamento della prostituzione».

SEI D'ACCORDO CON LA PROPOSTA DEL SINDACO MARINO? CLICCA QUI PER VOTARE IL SONDAGGIO

© RIPRODUZIONE RISERVATA