«La ricetta contro i borseggiatori esiste, ma la task-force è stata bloccata mesi fa»

di Elena Panarella
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Mercoledì 23 Luglio 2014, 08:20
Nullatenenti. Nessuna casa o terreno, neanche un’auto di propriet e, naturalmente, nessuna fonte di reddito. Una condizione che ha permesso loro di usufruire dell’assistenza alloggiativa gratuita nei villaggi attrezzati del Comune. Ma dietro a quello status di indigenti, autocertificato nero su bianco, spesso si nascondono anche conti correnti e proprietà. Ed è proprio ad alcune di queste famiglie che fanno capo decine di baby borseggiatrici in azione sulle metropolitane e nelle stazioni. A gestirle c’è una vera e propria organizzazione (quasi sempre parentale)». A spiegare quello che c’è dietro il fenomeno è Gianfranco Crimi, dirigente sindacale Ugl, in forza presso il reparto di polizia giudiziaria I Prati.



Il fenomeno dei borseggi o del «pizzo» chiesto accanto alle biglietterie è cresciuto, come si può arginare?

«Fino allo scorso febbraio c’è stata una media di sei, sette operazioni che hanno portato all’identificazione di oltre 150 ragazze e ragazzi, numerosi arresti a carico dei maggiorenni, e decine e decine di minori accompagnati presso le case famiglia (utilizzando l’articolo 403 del codice civile inerente lo stato d’abbandono). Senza dimenticare i tantissimi interventi dei carabinieri e della polizia. Ma la ricetta per quanto riguarda la polizia locale era stata trovata: uomini esperti dello Spe (sicurezza pubblica emergenziale) affiancando altri Gruppi riuscivano ad arginare bene il fenomeno. Conoscevano perfettamente le loro facce e sapevano con estrema precisione dove beccarle con le mani nel sacco. Purtroppo da alcuni mesi a questa parte questi interventi non vengono più fatti. Forse anche a causa del fatto che gli stessi uomini oggi vengono impiegati in piazza Navona al posto degli agenti del Primo Gruppo Trevi (che avrebbe a disposizione oltre settecento persone)».



Come si svolgevano tecnicamente queste operazioni?

«Si usavano numerose squadre di personale in borghese mescolate tra i viaggiatori in transito nelle stazioni e nelle metropolitane in diretto contatto con il personale di superfice che munito di pattuglie e furgoni era in grado di intervenire in più punti dove venivano localizzate le persone da accompagnare in ufficio».



Il fenomeno tocca alcuni campi regolari della Capitale?

«Assolutamente si. Castel Romano ha la quasi esclusività dei fenomeni relativi al borseggio mentre ad esempio il campo di Candoni ha nella maggior parte dei casi l’esclusività dei fenomeni di accattonaggio con minori, insomma una sorta di divisione delle competenze. Salone invece è dedito ai reati ambientali».



Ma davvero è ipotizzabile un’organizzazione così capillare nella gestione di queste persone?

«Si. In una recente operazione portata a termine dagli uomini del I gruppo Prati e da quelli dello Spe è addirittura emerso che alcune ragazzine di età inferiore ai 14 anni (e perciò non incriminabili) provenienti sempre dal campo sulla Pontina hanno numerosi precedenti per furto nelle stazioni ferroviarie di Termini, Firenze, Bologna, Padova e Venezia».