Piazza Navona liberata dall’illegalità

di Mario Ajello
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Venerdì 19 Dicembre 2014, 23:18 - Ultimo aggiornamento: 23:50
Piazza Navona è Piazza Italia. E qui, l’Italia delle lobby, delle corporazioni, del familismo amorale e dell’interesse “particulare” ha scelto di scatenare un’offensiva ma si è dovuta arrendere alla legalità. Alla forza del decoro. Al bisogno dei romani di avere una festa di Natale nel luogo natalizio per eccellenza, la piazza di Bernini e di Borromini ma anche dei presepi e dello zucchero filato, non più ostaggio della muraglia cinese di baracche di lamiera e dello sbraco urbanistico e civile gestito in monopolio dai padroni della festa.



Cioè dalla dinastia commerciale e politica dei Tredicine. La decisione del Tar - che ieri ha respinto il ricorso dei bancarellari contro la decisione del sindaco di limitare il numero di licenze ai soliti noti che subito hanno reagito boicottando la festa e gridando «O tutto o gnente!» - è un buon segno di recupero della grande bellezza e della necessaria trasparenza delle regole. E magari così, ma ci vuole pazienza e impegno da parte di tutti, Piazza Navona potrà tornare ad essere quella che Giuseppe Gioachino Belli descriveva con queste parole nel periodo tra l’Immacolata e l’Epifania: «Un gran teatro, una fiera, un’allegria» senza precipitazioni in quello che ancora non si chiamava trash ai suoi tempi ma quello era. E questo è stato finora il bazar Navona ogni dicembre-gennaio: un porchettificio made in Taiwan, ripieno di costosissime caldarroste ogm della premiata famiglia e Babbi Natale impegnati a cantare in slang slavo-testaccino e in mezzo ai bambini troppo piccoli per essere già disgustati: «Ma che ce frega ma che c’emporta, se dentro er vino c’hai messo l’acqua...».

Tutto questo, per il momento, è finito. Anche se, ieri pomeriggio, i bimbi che pensavano di trovare la solita festa hanno visto poche bancarelle, ma molto più decorose e non sempre le solite, chiedevano lo zucchero filato e non c’era e raccontavano a mamma e papà: «Il mio amichetto è andato al mercatino di Natale di Bolzano. Perchè non ci andiamo pure noi, che è più divertente di questo?». Nina, nove anni, girava attraverso la piazza non più ingombra di esplosive bambolone di plasticaccia, di finiti pastori viventi all’occorrenza borseggiatori, soffiando dentro un fischietto la sua delusione. «Qui mi annoio, c’è solo la giostrina, per fortuna mi sono portata da casa il fischietto», spiega la piccola. E dunque, la sfida è quella di reinventare la festa. Di rianimare meglio un luogo abbandonato da se stesso per colpa di chi lo aveva ridotto così. Quelli delle poche bancarelle (dieci più la giostra e tutte dal lato della chiesa borrominiana di Sant’Agnese) fanno coraggio ai bambini: «Ora lo zucchero filato non c’è ma piano piano arriverà di nuovo».



Così come è arrivata la concorrenza al posto del monopolio. Cantare vittoria è sempre prematuro, in Italia, però una prima pietra - anche se manca ancora il parere del Consiglio di Stato - è stata piantata. E finalmente viene riconosciuto un principio di legalità, a riprova (sembrerà assurdo) che perfino nel nostro Paese può vincere la norma sull’abuso. La legalità però ha un prezzo. Ed è, appunto, quello della festa dimezzata, del colpo d’occhio su Piazza Navona che per ora non è pieno come era prima e chissà se le nuove regole benvenute riusciranno creare con il concorso di tutti una festa sempre popolare ma c’è pop e pop.



La scommessa sta tutta qui: nel presidiare la vittoria di Piazza Navona da parte della politica, che deve mantenere il punto e non deve diluire le sue scelte in cambio di compromessi da quieto vivere, e da parte dei cittadini a cui non può bastare una piazza piena ma devono esigere anche una piazza onesta, pulita, autentica. Non sottoponibile ai ricatti che ieri, davanti al bar dei Tre Scalini, alcuni bancarellari di prima pronunciavano così con aria torva da gufi e da sconfitti: «Il sindaco ha cacciato i romani, e al posto nostro, imperversano i nigeriani e i tamil che vendono tutte le loro schifezze». Le borse taroccate in vendita sul selciato e gli ambulanti che spacciano di tutto in effetti hanno subito invaso la piazza. Dunque la battaglia anti-degrado non può che continuare. A riprova che la vittoria di queste ore, in cui è caduto il muro delle baracche nel cuore del barocco, è soltanto un punto di inizio. Ma il suk Roma ha cominciato finalmente a tremare.