Piazza Navona, Marino: «Fuori le lobby, la tradizione è garantita»

Piazza Navona, Marino: «Fuori le lobby, la tradizione è garantita»
di Simone Canettieri
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Sabato 20 Dicembre 2014, 06:25 - Ultimo aggiornamento: 09:01
Sindaco, il risultato è questo: decoro 1-Tredicine 0. Il Tar ha dato ragione al Comune sulle bancarelle di piazza Navona. Hanno vinto quindi la bellezza e il buon senso contro le lobby?

«Sono molto contento di parlare con Il Messaggero di questo argomento perché sostiene l'impegno che anche io ho cercato di mostrare dall'inizio del mio mandato nel recuperare un decoro urbano che la città aveva perduto. Qualche sera fa, quando abbiamo ospitato i premi Nobel ho mostrato loro da palazzo Braschi una piazza Navona che sembrava disegnata da un viaggiatore dell' '800. Stupenda».



Però adesso per via dell'arroccamento dei Tredicine, gestori degli spazi, non ci sarà nemmeno una bancarella. Sarà allora un Natale più triste?

«Noi vogliamo assicurare che la festa ci sia per i bambini e per i nonni: stiamo lavorando per consegnare alla famiglie romane e ai turisti un piazza piena di installazioni. La riempiremo di eventi culturali per grandi e piccini e ho chiesto un impegno rafforzato al comandante della polizia municipale Raffaele Clemente affinché la piazza non sia invasa dagli ambulanti».



Lunedì l'assemblea capitolina è impegnata nell'approvazione della delibera sul nuovo stadio a Tor di Valle. Il suo invito ai tifosi della Roma affinché pressino i consiglieri non è piaciuto né alla maggioranza né alla minoranza. Ma ai tifosi della Roma, che poi sono i cittadini della Capitale, come garantisce che in quella area non avverrà una speculazione edilizia?

«Io penso che il progetto di Tor di Valle vada valutato nella fase in cui si trova: la dichiarazione da parte dell'assemblea capitolina, in libertà e serenità, per stabilire l'interesse pubblico dell'opera. Ancora una volta noi percorreremo, come abbiamo fatto per le bancarelle e per l'affissione pubblicitarie, tutte le strade con la massima coerenza. Però voglio soffermarmi sul piano affissioni».



Per dire?

«Che Roma al momento del mio insediamento aveva permesso 280mila metri quadrati di spazi e incassava meno di 15 milioni di euro, Milano con 80mila ne incassa 30 milioni. Roma veniva svenduta, così abbiamo aumentato del 140 per cento gli introiti che serviranno per il decoro urbano della città, tema che piace a questo giornale».



Ecco, può essere la ricerca dell'estetica di Roma il vero passo per uscire dalla cappa grigia di Mafia Capitale?

«Sì, il concetto mi piace. Il recupero dell'estetica per Roma è trasparenza, coerenza, decoro e orgoglio. Questa estetica dalla prossime settimane, con il lavoro che faremo nel bilancio 2015, varrà anche per via Morandi, per il Corviale e Laurentino».



Qualora non dovesse riuscire a disinfestare il Campidoglio come vuole, sarebbe pronto a dimettersi per poi ricandidarsi a sindaco?

«No, noi ci stiamo già concentrando sulla città, sulle questioni che abbiamo discusso in questa intervista, sulla trasparenza morale».



Maurizio Pucci, in predicato di diventare assessore, viene tirato in ballo nelle intercettazioni di Mafia Capitale. E' opportuno nominarlo in giunta?

«Io non commento il lavoro della magistratura e non commento le intercettazioni. Per quanto riguarda le intercettazioni, se da un lato quando ero in parlamento ho sempre sostenuto che fosse uno strumento indispensabile, credo che debba essere utilizzato dai magistrati e non dai giornali per fare pettegolezzi cittadini. Io lavoro per rilanciare la città».



E intanto guerreggia con il prefetto Pecoraro. Giovedì ha saltato anche il ricevimento a Palazzo Valentini. Come si esce da questa empasse istituzionale?

«Sono franco: mi sarebbe piaciuto di più bere un paio di calici di champagne con il prefetto e i suoi ospiti, ma in quel momento un'altra ala del Palazzo era occupata dai lavoratori ansiosi che avevano paura di perdere il loro lavoro. Cosa dovevo fare? Bere lo champagne o attaccarmi al telefono per raccordarmi con altri sindaci e Governo per poi ritornare in aula e rincuorare i lavoratori? Diciamo che ho brindato lo stesso con il prefetto, facendo sorridere i lavoratori».



Giustificazione accolta. Rimane un problema istituzionale. Come si supera?

«Non mi pare che ci sia un problema con Pecoraro».



Beh, non si direbbe: vi beccate tutti i giorni ormai da mesi. Ammetterà almeno una divergenza di opinioni?

«Nessuna, anzi. Sono così favorevole al lavoro del Prefetto che quando mi ha chiamato per avvisarmi che avrebbe mandato gli ispettori per aiutarci nel nostro lavoro di pulizie pasquali anticipate a Natale gli ho suggerito di nominare nella sua commissione anche gli esperti del Mef che io stesso avevo invitato un anno prima per controllare i libri contabili dell'era Alemanno. Il prefetto lo ha fatto e io ne sono soddisfatto perché continueremo a scoprire dati che ci aiuteranno a scrivere meglio quanto è successo dal 2008-2013».



In un mese per il Pd, Ignazio Marino è passato dall'essere un problema a indossare il mantello del supereroe. Si sente più il primo o il secondo?

«Io non mi sono mai sentito né problema né un salvatore sono sempre la stessa persona che con lo stesso amore per la città vuole scrivere una pagina importante della Capitale».



E' pronto a ricandidarsi quando scadrà il suo mandato dunque?

«Sarò a disposizione della città».