«Ecco la mia Roma dalla sedia a rotelle». Diario di Mira Budafoki, la disabile che ha visto la Capitale grazie al Messaggero

«Ecco la mia Roma dalla sedia a rotelle». Diario di Mira Budafoki, la disabile che ha visto la Capitale grazie al Messaggero
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Lunedì 10 Marzo 2014, 19:17 - Ultimo aggiornamento: 11 Marzo, 16:44
Nel maggio scorso, Mira Budafoki, lanci dal sito del Messaggero un appello particolare.



«Sono un’entusiasta giornalista e scrittrice ungherese di 21 anni. La cosa che mi rende speciale e unica è una sedia a rotelle che ho bisogno di usare a causa di una malattia genetica. Vorrei vivere a Roma per un anno o per qualche mese, o finché posso, per poter raccogliere delle esperienze speciali su questo argomento». L'appello raccolse tante generose risposte da parte di molti lettori. Mira, grazie anche al Messagegro, è riuscita a trovare ospitalità e ora è da qualche tempo a Roma. Il sogno è quello di scrivere una guida della capitale per disabili. Ecco un resoconto dei suoi giri nella capitale.






di Mira Budafoki



Insolita Esplorazione del Colosseo



Tutti i film cult che riguardano Roma presentano sempre delle scene all’interno o intorno a questo monumento tipico.

Noi tutti conosciamo i picchi di romanticismo tipici di questa zona da “Vacanze Romane” fino al capolavoro di Woody Allen dedicato alla città.

Beh, ho vissuto anche io alcuni episodi simili ai film. Alcuni struggenti, altri alquanto goffi e altri momenti perfetti, o come è scritto nel Grande Libro: perfettamente romantici.

Una sola cosa è certa: le vibrazioni qui intorno non ammettono alcuna noia.



Episodio 1 - Sfida ad altissimi livelli

Svegliandoci all’ombra del Colosseo, abbiamo iniziato la nostra prima emozionante giornata di vita a Roma, la cui storia rimane ancora oggi viva nella città – sarebbe stato qualcosa di idilliaco, se non fosse per un piccolo dettaglio: io e la mia amica abbiamo avuto quattro bagagli come scomodi compagni di viaggio. Nonostante avessimo quattro mani, che sarebbero state sufficienti, le mie erano occupate da altro. Una di queste stava facendo una battaglia vita-morte con il joystick della mia sedia a rotelle, che disobbediente faceva slalom sobbalzando sui sampietrini. Questo era il primo atto dello spettacolo sovraumano del nostro soggiorno.



Abbiamo disegnato un semicerchio costeggiando le antiche mura del Colosseo calciando, tirando, scuotendo, spingendo i nostri resistenti bagagli. La cosa buffa di quando ti senti perso e impazzisci è che non c’è altra possibilità se non di far uscir fuori una commedia da questa irritante scena della tua vita. Così abbiamo deciso di dare i nomi ai nostri bagagli, perché forse sarebbero diventati più educati. La valigia più grande di Anna aveva un nome già prima della nostra partenza. Il nome è Angello, con due L, non importa se è giusto o meno. All’alba lungo le strade storiche di Roma la mia valigia prese il nome di Pamela. Era veramente pieno di significato: avevamo pensato che serviva una ragazza ad Angello, e questa valigia aveva veramente “grandi tette”, cosi non poteva essere chiamata con nessun altro nome se non Pamela, Pamela Anderson. La valigia più piccola era il frutto del loro amore cosi l’abbiamo chiamata: Bambino. E ce n’era un’ultima lasciata dietro di me, di cui ci eravamo totalmente dimenticate.



Stavamo aspettando il nostro salvatore di fronte all’entrata della stazione metropolitana, che ci aveva promesso di unirsi a noi in questa sfida, che consisteva nel teletrasportare questi giganti “pacchi di vita” nella nostra nuova casa. Comunque, in questo momento in cui avevamo il solo scopo di gironzolare, abbiamo giurato che saremmo tornate presto a catturare altri fantastici momenti.



Episodio 2 - Come un turista

In un giorno soleggiato abbiamo preso la metro senza alcun programma. Una voce meccanica ripeteva: “Prossima fermata Colosseo, next stop Colosseo”, qui siamo scese e abbiamo puntato l’ascensore, cosa che cercavamo anche in tutte le altre stazioni. Però, stavamo cercando nella direzione sbagliata e il soggetto sbagliato. Eravamo pronte a mostrare la nostra disperata immagine da turiste alla base della scalinata, aspettando quattro robusti gentiluomini che mi sollevassero fino alla cima. Come fossimo tornate indietro dalla nostra stupidità alla ragione, abbiamo visto un montacarichi che saliva affianco al muro. Abbiamo premuto il bottone, dove era disegnato lo strano omino stilizzato con la sedia a rotelle, cosa che si cerca disperatamente se si è persi nei sotterranei della metropolitana. Un uomo ci disse attraverso uno scricchiolante microfono: “Aspetti tre minuti signorina!”. Significava che avremmo dovuto aspettare teoricamente tre minuti, praticamente circa 5-10 minuti con la classica caotica organizzazione italiana del tempo. Nel caos di cittadini frettolosi e turisti asiatici stavo raggiungendo la cima. Sopra il vecchio, familiare e gigante edificio stava ancora aspettando noi.



Accadde quasi in maniera istintiva che saltammo l’interminabile coda: questo è il vantaggio della mia situazione speciale. L’uomo all‘entrata ci informò che potevamo entrare gratis, io e un accompagnatore. Ci siamo sentite come se avessimo vinto alla lotteria, anche perché non avevamo molti soldi da spendere. A pochi metri dall’entrata principale abbiamo trovato un elegante ascensore di vetro pieno di turisti. Non importa, avevamo imparato a combattere con i turisti super indaffarati, così dopo una piccola sgomitata abbiamo conquistato il posto in ascensore. Abbiamo raggiunto il piano più alto del gigante gioiello romano. All’interno non c’erano ostacoli, io potevo vedere tutto e andare ovunque, dove tutte le altre persone erano state. Il fascino del quartiere di giorno mi ha sopraffatto, ma in quel momento non avevo ancora conosciuto lo spirito inestimabile delle notti romane, che sarebbe stato legato a questo posto memorabile.



Episodio 3 - Luci notturne nel centro storico

Era venerdì, volevamo sfruttarlo al meglio, così decidemmo di investire al cento per cento sulla vita notturna di Roma. Per questo cercammo la compagnia di un buon amico anche per i suoi preziosi consigli. Perciò, fu così che finimmo in un bel ristorante, Anntiluzzi, piccolo paradiso di cibi italiani nella zona del Colosseo. Come se fosse stato determinato dal fato che dovevamo respirare l’aria di quel luogo anche di notte. Comunque, questo ristorante era solo un pezzo del piano originale.



Dall’altro lato della strada, potevamo trovare Luzzi, la “grande sorella” della nostra scelta, che è un po’ più accogliente e allo stesso tempo anche più economico. Forse questa era la ragionevole causa per cui era pieno di clienti, rispetto all’altro. Queste notizie non importano davvero, perché abbiamo saputo dal nostro amico super esperto del luogo che il proprietario è lo stesso e non è impossibile convincerlo a servire il menù di Luzzi al tavolo di Antiluzzi. Assaggiammo i piatti di ognuno di noi, perché non sembrava possibile ordinare solo una delle interminabili prelibatezze. Tutti insieme prendemmo una formidabile pizza al prosciutto, bistecca, supplì e tiramisù. Spero che non sia stata l’ultima occasione per provare questo tipo di bombe di piacere. Dopo aver preso un caffè per svegliarci, ci indirizzammo verso la nostra prossima meta con la pancia piena.



Approssimativamente, non potevamo scegliere la via più facile per arrivare all’Angelo Mai: il locale più frequentato di zona. Il piano A era di andare con la metro a Circo Massimo, la fermata più comoda per cui avremmo dovuto viaggiare solo 2 minuti. L’unico problema era che avevamo incontrato prima la questione dello pseudo-ascensore alla stazione. Che significa? Ascensore nuovo, strumento brillante, che mi avrebbe portato in cima, ma nessuna risposta dall’altoparlante, né impiegati competenti dell’Atac intorno, così era proprio inutilizzabile. La seconda opzione era di andare a piedi-ruote, ognuno con ciò che ha. Nonostante il fatto che a Roma i marciapiedi scompaiono e ricompaiono a volte in maniera molto casuale, riuscimmo ad arrivare al concerto. Capitammo nel bel mezzo di una lotta tra automobili in un parcheggio e io venni ripescata da un gigante marciapiede per far in modo che ci avvicinassimo alla nostra destinazione. Attraversammo una strada a sei corsie, in parte senza il semaforo che ci difendeva.



Quando arrivammo io sentivo di essermi presa tutti i meriti del nostro cammino avventuroso, perché avevo un biglietto gratis (le mie preghiere vanno ai bar e club ungheresi che dovrebbero imparare dai loro amici romani). Oltretutto, andavamo a conoscere alcune fantastiche persone al di fuori del nostro magico trio. Per me, se c’è un’opportunità di spendere tempo prezioso con la gente del posto è la cosa migliore. Si esce sempre vincenti. Così le difficoltà non hanno possibilità di essere notate, perché sembrerà che non ci siano, se questi tipi di impulsi sono intorno a loro.

(Traduzione Valeria Cocco)