Il sindaco Marino sfida Pecoraro: «Vado in bici, non è mio padre»

Il sindaco Marino sfida Pecoraro: «Vado in bici, non è mio padre»
di Mauro Evangelisti
3 Minuti di Lettura
Lunedì 8 Dicembre 2014, 06:07 - Ultimo aggiornamento: 16:58
«Il prefetto non è il mio papà». «Io faccio il sindaco, lui fa il prefetto». Eccola, in queste due frasette adagiate piano da Ignazio Marino la sintesi della sottile linea dello scontro con Giuseppe Pecoraro. O forse no, forse bisognerebbe affidarsi a un'immagine: il sindaco che a Testaccio, alla Pelanda dove ieri c'era la convention dei giovani Pd, è arrivato in bicicletta. Sì, in bici. Malgrado Pecoraro gli avesse chiesto di lasciarla a casa a causa delle minacce e del clima d'isteria, Marino anche ieri è apparso all'orizzonte di via Galvani pedalando.











RUOTA DI SCORTA

«Mi chiedo come si possa andare in una macchina chiusa in una giornata così bella a Roma. Mi ha fatto bene psicologicamente prendere la bici perché in tanti mi hanno fermato, mi hanno chiesto di farsi un selfie con me, mi hanno incoraggiato ad andare avanti, a fare pulizia, a portare questa città alla dignità che merita». «La mia scorta siete voi», dice ai giovani del Pd, anche se poi uomini delle forze dell'ordine che vigilano sulla sua incolumità ci sono a Testaccio. Certo, Marino evita di andare allo scontro frontale con Pecoraro, non dice quel che a microfono spento qualcuno osserva perfido: state mettendo in croce il sindaco per la foto con Buzzi, ma si parla poco dell'incontro tra il prefetto e Buzzi di cui parla l'ordinanza. Forse perché incontrare il presidente di una importante cooperativa dovrebbe essere la prassi normale (per Pecoraro, per Marino e anche per Alemanno), ma è evidente che ora dal Campidoglio vogliono uscire dall'assedio, rilanciare la frase che suona come una benedizione delle intercettazioni degli arrestati («se vince Marino non facciamo più affari»). E così c'è anche fastidio per l'ipotesi, fatta trapelare da qualche parte, secondo la quale gli ispettori del prefetto Pecoraro sarebbero già in Campidoglio. Marino sghignazza velenoso: «Se ci fossero, lo saprei, li avrei visti. Non ci sono gli ispettori del prefetto in Campidoglio. Se arriveranno, aprirò loro le porte. Vorrei ricordare che quando mi sono insediato sono stato io stesso a chiamare gli ispettori del Mef a visionare i bilanci che ho ereditato. Già da quell'operazione sono emersi elementi utili a comprendere quanto ha scoperto la procura». Tra Marino e Pecoraro il segnale del cellulare è sempre disturbato. Non si parlarono quando ci fu l'emergenza maltempo. Si sono trovati su fronti opposti sulla registrazione dei matrimoni gay celebrati all'estero. Ed ecco qui il nuovo indizio.



COPPIA DI FATTO

Quando Marino sale sul palco alla Pelanda - interrompendo per un attimo il lavoro dei gruppi dei giovani del Pd arrivati da tutta Italia (sarà un caso, i tavoli con più partecipazione sono stati quelli su corruzione, mafia e finanziamento pubblico ai partiti) - qual è il primo argomento che affronta? Ascoltiamolo: «Se chiedo a voi se sia giusto o sbagliato che due persone che si amano possano dirlo davanti a tutti, a prescindere dal loro orientamento sessuale, voi cosa mi rispondete?». Dalla platea ovviamente dicono sì, l'applauso che lo accoglie è oggettivamente emozionante («santo subito» ha urlato un ragazzo). Partire proprio con l'argomento oggetto di scontro con l'inquilino di Palazzo Valentini, è un'altra lineetta di mercurio in meno nel termometro del grande freddo che lo divide da Pecoraro. Certo, domani il prefetto andrà da Marino, concorderanno che il commissariamento di Roma Capitale non si può fare. Si saluteranno con strette di mano, sorrisi per i fotografi, dichiarazioni di grande cordialità per i taccuini. Coppia di fatto costretta a non litigare, loro malgrado, in una città che sta attraversando la crisi più profonda del nuovo millennio. Ps. Il destino è briccone: Factory365, la convention dei giovani Pd che proseguirà oggi, si svolge nell'area della Città dell'Altra Economia. Socio di punta del consorzio di questa struttura è proprio la Cooperativa 29 Giugno, sì quella di Buzzi coinvolta nell'inchiesta su Mafia Capitale. Si legge sul sito: la 29 Giugno «rappresenta una delle formulazioni più originali del movimento cooperativo».