Roma, inchiesta Mafia Capitale: si autosospendono dal Pd Ozzimo, Coratti e Patanè

Roma, inchiesta Mafia Capitale: si autosospendono dal Pd Ozzimo, Coratti e Patanè
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Sabato 6 Dicembre 2014, 07:50 - Ultimo aggiornamento: 7 Dicembre, 09:23

«Ozzimo,Coratti e Patanè si sono autosospesi dal Pd. Li ringrazio e gli auguro di riuscire a dimostrare la propria estraneità a questa storia». Lo annuncia su twitter Matteo Orfini, presidente del Partito Democratico. I tre esponenti dem sono indagati nell'inchiesta su mafia e apalti a Roma.

Ispettori prefettizzi in Comune. Intanto il prefetto si prepara a inviare in Campidoglio gli ispettori prefettizzi che si affiancheranno a quelli dell'autorità anti corruzione.

Si dimettano tutti, dice intanto Silvio Berlusconi. «Avete visto lo scempio di Roma.

Non possiamo accettare che la città più antica del mondo, la nostra capitale possa essere gestita ancora da chi è compromesso da quanto è accaduto. Si devono tutti dimettere, occorre indire nuove elezioni per dare a Roma gestione di assoluta trasparenza ed onestà, cosa che oggi non c'è», afferma il leader di Forza Italia.

Secondo quanto emerso dalle carte dell'indagine della procura di Roma, nel 2013, dopo che Ignazio Marino ha vinto le elezioni per il sindaco di Roma, la cupola aveva il problema di insinuarsi nella nuova amministrazione. Perché «se vinceva Alemanno ce l'avevamo tutti comprati», dice Salvatore Buzzi intercettato dai carabinieri del Ros. Il braccio destro del capo Massimo Carminati, quello che tiene i rapporti con la politica, conta però di avere delle buone carte anche nel Pd. «C'avemo Ozzimo (Daniele, poi nominato assessore alla Casa, indagato e dimissionario, ndr)», dice Buzzi. E ancora, «me sò comprato Coratti (presidente Pd dell'Assemblea capitolina, anche lui indagato e dimessosi ndr), lui sta con me, gioca con me ormai». Dall'inchiesta emerge poi che la cupola si muoveva anche alla Regione Lazio. Il consigliere Pd Eugenio Patanè, indagato, avrebbe preso 10 mila euro. Buzzi dice di avere «un altro che mi tiene i rapporti con Zingaretti» e di pagarlo «2.500 euro al mese». «Perché i contatti con me erano impossibili - ha commentato Zingaretti -. Mai avuta la percezione che ci fosse qualcuno. Ben vengano le indagini».

Pressioni anche su altri deputati del Pd - tra cui Micaela Campana e Umberto Marroni - per ottenere un'interrogazione parlamentare sull'appalto su un centro rifugiati bloccato da un giudice del Tar del Lazio. La gara era stata vinta da una coop della holding di Mafia Capitale. È questa la storia raccontata nell'informativa del Ros depositata agli atti dell'inchiesta di Roma. Nonostante le pressioni l'interrogazione non fu mai presentata.

Nel settembre 2013 il Consorzio Eriches di Buzzi, vince la gara per la gestione del Centro di accoglienza richiedenti asilo (Cara) di Castelnuovo di Porto, vicino a Roma. «L'offerta del Consorzio veniva ritenuta anomala per l'esiguità del prezzo», scrivono i carabinieri, ma le verifiche danno esito positivo e il contratto di due anni viene firmato. L'azienda francese Gepsa, che gestiva il Cara, fa ricorso al Tar e la gara viene sospesa. A quel punto la 'cupola' si muove per screditare il giudice che ha firmato il provvedimento, Linda Sandulli, insinuando che «avrebbe quote in una società che fa manutenzione al Cara». Buzzi cerca di ottenere un'interrogazione parlamentare dai deputati Campana - ex moglie dell'assessore di Ozzimo - e dell'ex capogruppo in Campidoglio, Umberto Marroni (oggi deputato Pd). «Amici miei» dice Buzzi.

Nell'informativa è citato anche il deputato Pd Fabio Melilli, segretario del Pd Lazio: Buzzi, si legge nell'ordinanza, era sicuro «che l'interrogazione sarebbe stata presentata probabilmente anche a firma Fabio Melilli». L'interrogazione viene preparata ma non verrà presentata, spiega il segretario di Campana a Buzzi, «perché bloccata dal sottosegretario».

La replica di Marroni. «Non presi in nessuna considerazione, non firmandola, l'ipotesi di un'interrogazione sul centro di accoglienza di Castel Nuovo di Porto considerandola totalmente inopportuna, in quanto si trattava di un atto amministrativo del Ministero dell'Interno. Spero che sia sufficiente questa smentita ad evitare ulteriori ricostruzioni fantasiose o in alcuni casi diffamatorie, e per le quali ho dato mandato ai miei legali di sporgere querela, che sono state riportate in questi giorni dalla stampa nei miei riguardi sulla base solo di vecchie fotografie e dichiarazioni basate palesemente su millantato credito». Lo sostiene in una nota il deputato Pd Umberto Marroni.

Melilli. «Leggo che sarei tra i probabili deputati intenzionati a firmare un'interrogazione predisposta dalla collega Campana. Non mi sono mai occupato del centro di accoglienza di Castelnuovo di Porto, non mi è mai stata sottoposta, nè sono stato mai sollecitato a firmare un'interrogazione in materia dalla collega Campana o dal suo assistente». Lo afferma in un comunicato il segretario del Pd Lazio Fabio Melilli.

Il M5s in Campidoglio chiede la presidenza della commissione capitolina Trasparenza, decapitata dopo le dimissioni di Giovanni Quarzo (Fi) indagato nell'inchiesta Mafia Capitale. «La condizione indispensabile per una collaborazione - spiega il capogruppo M5s Marcello De Vito - è la presidenza della commissione trasparenza. Così faremo chiarezza nel torbido romano». A chi gli chiede chi sarà il loro candidato De Vito risponde: «Non ne abbiamo ancora discusso. Siamo in quattro. L'importante è che arrivi dal M5s».

Intanto dall'inchiesta emerge che c'era posto anche per serate in locali, calciatori, belle donne e cantanti. Il giallorosso Daniele De Rossi, cantanti come Gigi D'Alessio, personaggi dello spettacolocome Teo Mammucari e Belen, erano tutti "amici" del superboss Giovanni De Carlo, latitante fino all'altro ieri.

E la storia della Roma mafiosa però, oltre a segnare un lato rosa, quasi da gossip, si tinge di giallo col furto ieri in alcuni uffici del Campidoglio di un pc e forse anche di documenti. Intanto gli arrestati davanti al gip tacciono o respingono le accuse. Tranne la «cassiera» del clan Nadia Cerrito che continua a parlare delle buste di soldi destinate ai politici, dirigenti, funzionari locali. Tutti nella rete dell'ex Nar Massimo Carminati.

I rapporti tra cupola e vip sono tratteggiati in un'informativa dei Ros che tra intercettazioni e telefonate documenta le frequentazioni del viveur del clan, Giovanni De Carlo, latitante fino a ieri, e una pletora di vip. Persone famose che ricorrevano al superboss De Carlo, così definito dall'ex boss della Banda della Magliana Diotallevi, per chiedere aiuto. Una sorta di servizio di protezione, affidabile

e servizievole.

«Chiamame sempre... bravo! Hai fatto bene Daniè, amico mio», dice De Carlo al giallorosso De Rossi che gli telefonò una notte mentre era con l'ex compagno di squadra Medhi Benatia dopo una lite in un locale. Poi, con l'arrivo della polizia, l'«aiuto» di De Carlo non fu più necessario. Mammuccari lo cerca per «sostanze dopanti» («ma mica dico che vuoi diventare Hulk», scherza De Carlo), Gigi D'Alessio lo invita nella sua villa il giorno dopo avere subito un furto milionario di Rolex. Poi anche un incontro con l'ex calciatore della Lazio, Giuseppe Sculli.

Ma De Carlo ama anche circondarsi oltre che di agi e belle auto anche di belle donne. Le intercettazioni del Ros hanno appurato anche «numerosi contatti» di De Carlo con la compagna dei calciatori Mattia Destro della Roma e dell'ex di Blerim Dzemaili, all'epoca in forza al Napoli, e con la coppia Stefano De Martino e Belen Rodriguez.

Ieri intanto nuova tornata di interrogatori. Gli uomini del clan sembrano avere scelto la via del silenzio. O quella di negare gli addebiti. Non parlano soprattutto i pezzi da 90: tace Riccardo Mancini, ex capo di Ente Eur, già coinvolto nell'inchiesta su una presunta tangente per una fornitura di bus, e non parla il «ministro delle finanze» del clan, appunto De Carlo, che, oltre alla bella vita, si occupava di investimenti e soldi. Seguono insomma l'esempio di Carminati, uno dei primi a tacere davanti al gip. Parla invece Nadia Cerrito, segretaria di Salvatore Buzzi, presidente della Cooperativa 29 giugno, e per ora sembra essere l'unica: oggi è stata nuovamente ascoltata per capire meglio il meccanismo delle tangenti annotato sul libro mastro che lei teneva. Cifre annotate minuziosamente sul dare-avere e

soprattutto a chi.