Fisco, verso il processo i fratelli Bulgari: s'ipotizza evasione per 55 milioni di euro

Fisco, verso il processo i fratelli Bulgari: s'ipotizza evasione per 55 milioni di euro
di Michela Allegri
3 Minuti di Lettura
Domenica 26 Aprile 2015, 06:26 - Ultimo aggiornamento: 15:13

Dalle sfilate d'alta moda, alle aule di giustizia. È una presunta maxi evasione fiscale a portare ad un passo dal banco degli imputati i vertici della maison «Bulgari», che rischiano il processo insieme agli amministratori legali e ad alcuni soci dell'azienda. Il pm Carla Canaia ha notificato a Paolo e Nicola Bulgari, azionisti principali del gruppo, e ad altre 9 persone, una richiesta di rinvio a giudizio. L'accusa è dichiarazione fraudolenta dei redditi.

Secondo chi indaga, si tratterebbe di una frode che sfiora i 55 milioni di euro.

Il patrimonio «evaso», nel 2013, era stato oggetto di un sequestro per equivalente, eseguito dai finanzieri del nucleo di polizia tributaria in due diverse tranche, da 46 e da 9 milioni. Le Fiamme gialle avevano sequestrato anche lo storico punto vendita di via Condotti, nel centro di Roma, dissequestrato subito dopo.

La famiglia di gioiellieri aveva saldato il presunto debito con l'erario, versando il corrispettivo, e restituendo all'Agenzia delle Entrate circa 30 milioni di euro di tasse evase.

Il periodo finito sotto le lente della Procura riguarda quattro anni di attività, dal 2008 al 2011. I dirigenti della maison avrebbero realizzato una triangolazione tra Svizzera, Italia e Irlanda, in modo da nascondere al fisco almeno 3 miliardi di ricavi: una «escape strategy», scrivono i finanzieri in un'informativa, messa in atto per aggirare la legge Bersani del 2006. Il presunto artificio speculativo, a detta degli inquirenti, consisterebbe nell'aver fondato una nuova succursale del gruppo all'estero. In Svizzera, a Neuchatel, ha infatti sede la «Bulgari Global Operation», mentre a Dublino, nel 2008, è nata una seconda società, la «Beire».

BLACK LIST Per l'accusa, sarebbe un'operazione architettata per evadere le tasse. Dopo il 2006, con l'inserimento della Svizzera nella «black list» del fisco nascosto, i ricavi maturati oltralpe sarebbero stati tassati al 33%. Quelli fatturati in Irlanda, invece, al 12,5%. Lo schema sarebbe regolare, tranne che per un dettaglio: come si legge negli atti della Procura, il sospetto è che l'unica funzione della «Beire» fosse quella «di spostare dalla Svizzera i redditi generati per trasferirli in altro paese non compreso nella black list e che presentasse un'aliquota fiscale agevolata».

L'azienda, secondo la ricostruzione accusatoria, sarebbe una società di comodo. E il passaggio di denaro potrebbe nascondere una frode. La contestazione, scrivono i pm, riguarda «la sottrazione di elementi attivi all'imposizione», la «falsa rappresentazione contabile» e l'utilizzo «di mezzi fraudolenti idonei a ostacolare l'accertamento della falsità contabile». Il procedimento si trova in fase preliminare, la prossima udienza è prevista per il 6 maggio.

Gli indagati si sono dichiarati estranei alle contestazioni e, all'epoca del sequestro, l'azienda aveva diramato un comunicato per sottolineare la correttezza delle proprie azioni. «Le società straniere oggetto d'indagine sono imprese reali ed effettive, che ricoprono un incontestabile ruolo strategico per il gruppo, con circa 300 dipendenti di diverso profilo», si legge nella nota.