L'inghippo sta nel fatto che, ora, le tracce del dissesto stradale che, unito all'elevata velocità a cui viaggiava la fuoriserie, avrebbe provocato l'incidente, verranno cancellate. «Speriamo che i rilievi che abbiamo effettuato siano sufficienti - continua De Carolis - quel che è certo è che la messa in sicurezza del tratto di strada non fa che suffragare la nostra tesi».
L'INCURIA In effetti, quando i rottami della Porsche di Salini, finita per accartocciarsi contro un albero sul lato della carreggiata, non erano ancora stati posti sotto sequestro dalla polizia giudiziaria, De Carolis aveva già puntato il dito contro l'incuria in cui versa la Cristoforo Colombo, la via a scorrimento veloce che collega la Capitale a Ostia. «Siamo sommersi dalle segnalazioni di automobilisti che ci raccontano di aver rischiato percorrendo lo stesso tratto.
Sulla Colombo si conta quasi un incidente al giorno, è possibile che ci debba scappare l'ennesimo morto prima di prendere provvedimenti?» dichiarava, a caldo, l'avvocato. Due giorni dopo lo schianto costato la vita a Salini, in prossimità dell'asfalto scosceso sono spuntati due cartelli d'allerta: un limite a 30 all'ora e un'indicazione di pericolo per la presenza di dossi. A cinque giorni di distanza, invece, il tratto è stato asfaltato in fretta e furia.
LA BATTAGLIA «Chiederemo alla Procura di verificare se nei mesi scorsi ci siano state segnalazioni, e di capire perché, nonostante il rischio palese, nessuno sia intervenuto», continua De Carolis, che aggiunge: «Il fatto che sia stata ripristinata la sicurezza, comunque, è una piccola vittoria. Lo dico anche a nome dei familiari dell'ingegnere: la speranza è che la nostra battaglia serva a salvare vite in futuro. La tristezza deriva dal fatto che questi interventi siano stati effettuati in conseguenza di una tragedia. Anzi, di tante tragedie: l'incidente in cui ha perso la vita Salini non è stato né il primo né sarà l'ultimo, lungo la strada maledetta».