Pantalone e maglione beige, con i tatuaggi nascosti e i muscoli da buttafuori ben delineati, l'esattore dei crediti per la banda del Nero, ha insistito per dire la sua: «Mi ha rovinato la cocaina. Ho perso anche mio figlio per lei. Ma ora che sto in carcere per altro, mi sto curando». Calvio, assistito dall'avvocato Danilo Siliquini, ha cercato di difendersi come poteva. «Quel furgone è rimasto nella casa della mia ex moglie, che lo aveva chiuso con dei lucchetti, tanto che non lo potevo portare via - ha scandito - Così quando me lo hanno sequestrato era là, a Sacrofano (dove nei paraggi viveva pure Carminati ndr). Quando i soldi girano, con le donne è tutto a posto e poi va tutto a rotoli. Comunque ne ho fatte tante e sono così per la cocaina». «Anche il giorno che mi hanno sequestrato la Bmw che avevo preso da una concessionaria avevo abusato di cocaina» ha ammesso nell'altro processo.
LA PATENTE
Il sottufficiale dei carabinieri che lo ha fermato a Ostia, una sera del 2011, ha raccontato la scena: «Aveva le pupille dilatate, il battito accelerato. Ha rifiutato anche le analisi. "Ho sniffato", ci ha detto. E poi ha consegnato una dose». Il giudice così ha ritirato a “Spezzapollici” la patente per altri due anni. Calvio, 47 anni, detto anche “Watson l'elementare”, già nella banda era noto per le bravate. Come quando aveva deciso di infiltrarsi nelle forze dell'ordine. Un piano, pare, non adatto a lui visto che si occupava della riscossione dei crediti, ovvero era incaricato di farsi consegnare, con le buone e con le cattive, le rate degli interessi dati a strozzo. Quando “Watson” aveva esposto il suo piano, Carminati lo aveva subito ammonito preoccupato: «Nun me fa' impicci...». Poi il boss aveva sospirato: «Questo ce manna tutti bevuti».