«Metalli pesanti e solventi»
Così inquinava Malagrotta

«Metalli pesanti e solventi» Così inquinava Malagrotta
di Sara Menafra
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Venerdì 24 Gennaio 2014, 08:20 - Ultimo aggiornamento: 25 Gennaio, 08:49
La zona agricola attorno alla discarica di Malagrotta inquinata da metalli pesanti e solventi di uso comune.

Che passano attraverso una falla nell’isolamento della discarica, arrivando alla falda acquifera usata per l’irrigazione. Lo scrive il Politecnico di Torino nella perizia depositata al Consiglio di Stato e che ieri il pm Alberto Galanti ha fatto acquisire.



PERCOLATO

I giudici amministrativi dovevano decidere sulla sospensione di un’ordinanza di ripristino ambientale voluta dal Comune di Roma nel 2011. E con 129 pagine di studio, depositate alle parti lo scorso 20 gennaio, i professori del Dipartimento di Ingegneria dell’ambiente rispondono positivamente a tutti i quesiti posti dall’associazione di cittadini Codici contro la prima decisione del Tar. E difficilmente si potrà tornare indietro: «Appare evidente che i parametri di inquinamento riscontrati sono ragionevolmente attribuibili a percolato, tenendo conto che l’introduzione nella falda di materiale organico riducente (sostanza organica carboniosa, azoto ammoniacale, potenzialmente anche solventi di uso comune) induce nella falda stessa un fenomeno degradativo di tipo inevitabilmente anossico, capace di provocare riduzione degli elementi ossidati presenti nel terreno (ferro e magnese soprattutto) e conseguente loro lisciviazione». Tradotto: solo il percolato proveniente dai rifiuti ha la capacità di sciogliere i metalli e portarli fino all’acqua. E infatti, spiega lo studio, nei punti a valle della discarica «si riscontrano o direttamente parametri di inquinamento presenti nel percolato (come il N-butilbenzenensulfonammide) o parametri che appaiono derivare da fenomeni biologici anossici e processi di lisciviazione». Il N-butilbenzenensulfonammide è considerato il «marker» della contaminazione da discarica di rifiuti solidi urbani.



METALLI NELL’AREA

E sempre i metalli pesanti sono il campanello di allarme per l’inquinamento di tutta l’area: «Vengono riscontrate concentrazioni di metalli anche molto elevate e disomogenee nei vari punti di indagine anche molto vicini tra loro, (un esempio è la presenza di ferro) - scrivono i professori Giuseppe Genon, Mariachiara Zanetti e Rajandrea Sethi - Analoghi esempi si riscontrano per altri parametri indicatori di inquinamento (manganese, azoto ammoniacale)».



NUOVE DENUNCE

A questo punto, l’associazione dei cittadini che aveva fatto il primo ricorso al Tar, Codici, punta a presentarsi in procura con una perizia su almeno sessanta morti deceduti nella zona della Valle Galeria. Dimostrando, per ciascuno di questi, il collegamento tra i metalli e i solventi rintracciati dai periti del Politecnico e le malattie che li hanno portati rapidamente alla tomba. Nell’esposto, l’associazione parlerà anche dell’omessa sorveglianza da parte delle autorità politiche locali, che avrebbero dovuto occuparsi della zona.

Ma in ogni caso, la perizia che ieri la procura di Roma ha deciso di acquisire potrebbe cambiare le sorti del fascicolo dedicato a Malagrotta, prossimo passo dell’indagine sulle discariche che il 9 gennaio scorso ha portato ai domiciliari Manlio Cerroni e altre sei persone tra soci e funzionari pubblici. Al momento, in quel fascicolo riaperto lo scorso luglio dopo una prima scadenza dei termini, l’unico indagato è l’amministratore di Giovi Francesco Rando. Ma l’inchiesta è destinata ad allargarsi.
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