Detenuto nella cella stretta: risarcimento da 11mila euro

Detenuto nella cella stretta: risarcimento da 11mila euro
di Riccardo Di Vanna
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Mercoledì 24 Giugno 2015, 06:03 - Ultimo aggiornamento: 12:43
Otto euro per ogni giorno trascorso in una cella sovraffollata di Regina Coeli o di Rebibbia. E' il risarcimento stabilito dal giudice della seconda sezione civile del tribunale di Roma per un ex detenuto cinquantenne che, nel dicembre del 2014, si era appellato all'articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, ricorrendo contro il Ministero della Giustizia per l'inadeguatezza delle strutture penitenziarie dove ha scontato quasi quattro anni di reclusione per spaccio e reati contro il patrimonio. Un provvedimento, emesso dal giudice Antonella Dell'Orfano, che ha riconosciuto all'ex detenuto una compensazione complessiva di 11.000 euro, a fronte di 1378 giorni di carcere vissuti in un contesto considerato inumano e degradante.

Il racconto che il cinquantenne, difeso dagli avvocati Giuseppe Caparrucci e Silvia Narduzzi, fa della cella di Regina Coeli nella quale è stato rinchiuso tra il 2009 e il 2010, è forse quello di maggiore impatto.



IL RACCONTO

La fotografia dell'ambiente è quella di una stanza affollata da quattro persone, all'interno della quale ogni singolo detenuto ha a disposizione uno spazio inferiore ai tre metri quadrati che gli spetterebbero di diritto; priva di condizioni igieniche accettabili e con scarsa illuminazione naturale. Una cella che, sempre stando al ricorso presentato dall'ex detenuto, non avrebbe consentito ai suoi ospiti di mantenere un minimo di privacy persino nell'angolo riservato al bagno. Nella stessa struttura penitenziaria, inoltre, i detenuti non avrebbero potuto usufruire quotidianamente delle docce, peraltro fredde.



VIOLATE LE NORMATIVE

E se questa è la situazione del vecchio carcere di via della Lungara denunciata dal cinquantenne, quella del più moderno penitenziario di Rebibbia non sembra essere migliore. Nella cella che dal 2010 al 2014 ha ospitato l'uomo, infatti, lo spazio a disposizione di ciascuno dei sei detenuti presenti all'interno era di soli 3,14 metri quadrati a testa. Misura che, al netto dell'ingombro del mobilio, non consente comunque il rispetto della normativa europea.

Una situazione di disagio aggravata anche dal fatto che il detenuto, invece delle otto ore a disposizione da trascorrere fuori dalla sua camera, avrebbe usufruito solamente di sei ore per socialità e altre attività.



«E' un provvedimento rilevante -ha dichiarato l'avvocato Giuseppe Caparrucci, che assiste l'ex detenuto- Stabilisce una volta per tutte la possibilità per il detenuto che abbia patito un trattamento disumano di rivolgersi direttamente al giudice civile per chiedere un risarcimento, così come stabilito dalla Corte dei Diritti dell'Uomo con la sentenza Torregiani». Nel 2013, con la cosiddetta "sentenza Torreggiani", l'Italia è stata condannata dalla CEDU perché, in virtù dell'eccessivo affollamento delle carceri i detenuti versano in condizioni ritenute disumane.