«Ho visto altre scritte incise e allora ho pensato che si potesse fare». Così si è giustificato davanti ai carabinieri Georgiev Blagoj, il calciatore bulgaro 33enne della squadra di serie A russa Rubin Kazan, che mercoledì pomeriggio ha pensato bene di incidere le iniziali del proprio nome con una moneta su un pilastro di mattoni antichi del Colosseo. Non c'è davvero pace per la casa dei gladiatori più famosa dell'antichità. Ancora uno sfregio souvenir, ad appena sei giorni di distanza dal becero graffito lasciato dal ragazzo libanese.
Il calciatore, titolare anche della nazionale bulgara, era in visita al Colosseo con la fidanzata.
MISURE ANTI-VANDALI
La direzione del monumento ora passa a soluzioni deterrenti: «Faremo aggiungere negli avvisi in più lingue in esterno con altoparlanti anche il divieto di scrivere sui muri, pena multe e arresto per danno al patrimonio storico», annuncia Rossella Rea che riflette con un pizzico di amarezza, «Con l'aumento estivo di pubblico, aumenta la possibilità di comportamenti scorretti. Ma nonostante lo scarso personale comunque si scoprono». Già, lo scarso personale. Una litania, ormai. Numeri alla mano, al Colosseo è attiva una misera squadra di appena 7 persone a turno su complessivi 24 custodi (erano 28 ma quattro sono andati in pensione).
Come commentano dalla direzione, l'unico sistema per bloccare i feticisti del graffito (prima che compiano il danno) è l'aumento del personale per un controllo a regime di tutto il monumento (dove, tra l'altro, spiegano dagli uffici del Colosseo, non può essere autorizzata e installata una rete di video-sorveglianza perché violerebbe il diritto alla privacy dei lavoratori). Quasi paradossale.