E’ stata iscritta al registro degli indagati per omissione di controllo la preside del Liceo Cavour Tecla Sannino.
Perché non avrebbe vigilato sul comportamento dei compagni di classe di Andrea, il «ragazzo con i pantaloni rosa» che si è suicidato un anno fa, a quindici anni, mentre si trovava a casa del padre. E non avrebbe avvertito i genitori del giovane neppure quando a scuola comparvero le scritte che dicevano di «non fidarsi» di lui.
Il pm Pantaleo Polifemo e il procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani hanno deciso di mettere il suo nome sul registro degli indagati dopo che i primi accertamenti su quello che accadeva nel più antico liceo scientifico d’Italia hanno dimostrato che Andrea nel corso dell’anno scolastico era stato più volte vittima di prese in giro.
LA DENUNCIA DELLA MADRE
All’indomani del suicidio, la mamma di Andrea, Teresa Manes, aveva tenuto una conferenza stampa raccontando i suoi sospetti sulla scuola: «Nessuno ci ha informato o ci ha detto che ci fossero problemi di integrazione», anzi i docenti le avevano detto che il figlio era «uno studente perfettamente integrato».
«Per la scuola - aveva spiegato ancora la madre - ”era ironico e autoironico”, quindi ”capace di dare le giuste dimensioni anche alle prese in giro” alle quali lo esponeva il suo carattere ”estroso e originale”. Tanto ironico da impiccarsi poi». E invece i compagni di scuola (alcuni dei quali sono indagati dalla procura minorile) avevano preso di mira Andrea, colpevole di avere dei gusti eccentrici, di venire da una formazione fortemente cattolica, di aver messo una volta lo smalto sulle unghie perché voleva smettere di mangiarle. E poi appunto quei pantaloni rosa, frutto di una lavatrice «scambiata».
IL CAPO D’ISTITUTO
Dicevano che era omosessuale, anche se la madre ha sempre smentito, e forse non era questo il punto. E’ la sua diversità che alcuni compagni di scuola non gli avevano perdonato e che la scuola avrebbe dovuto proteggere. Ora la preside del Cavour dovrà spiegare ai pm Polifemo e Laviani perché avesse deciso di non avvertire la famiglia di Andrea neppure quando a scuola comparvero quelle scritte, o perché non chiese ai docenti del ragazzo cosa stesse succedendo.