Castel Sant’Angelo assediato da abusivi
una casbah all’ombra del Cupolone

Castel Sant’Angelo assediato da abusivi una casbah all’ombra del Cupolone
di Maria Lombardi
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Giovedì 24 Ottobre 2013, 00:22 - Ultimo aggiornamento: 19:48

Borsette false come grani del rosario, una dietro l’altra lungo la via della fede. Una processione di lenzuola bianche, di marche fasulle e copie di tutti i colori.

Attenzione a non alzare lo sguardo verso la cupola di San Pietro, bisogna tenere gli occhi inchiodati per terra andando incontro alle parole del Papa, si rischia altrimenti di inciampare in una lunghissima fila di zainetti, cinture, occhiali e cappelli. Poco più avanti ci sono le preghiere, su Ponte Sant’Angelo c’è la questua.

È il market abusivo del mercoledì, fa scempio del sacro e del bello: assedia e maltratta i marmi del ponte, ignora la solennità dei luoghi e li riduce a casbah, fa della religione un business da sfruttare. Gesù scacciò i mercanti dal Tempio, racconta il Vangelo, «rovesciò i tavoli dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombe».

Qui non si vendono colombe ma tracolle di tutti i tipi e basterebbe qualche vigile a disperdere il mercatino senza regole e senza vergogna all’ombra del Cupolone.

Non se ne vede uno per ore. Eppure si sa, Francesco richiama le folle di fedeli e, suo malgrado, anche quelle dei venditori. Le vie del Signore sono infinite e gli ambulanti le conoscono tutte.

Ponte Sant’Angelo è una delle migliori. Il segreto è fregare i concorrenti sul tempo e conquistare un posto in prima fila lungo il tragitto dei pellegrini. I vu’ cumprà arrivano in massa, un esodo biblico intorno alle 10. Sono decine e decine, non possono passare inosservati, trascinano i fagotti fino al ponte, si dispongono in fila e poi aprono l’attività. Una scacchiera di bancarelle sui sampietrini, una sfilata di borse e sciarpe sui due lati, in mezzo ci passano migliaia di fedeli. Il colpo d’occhio dall’alto è impressionante, non c’è pausa tra un lenzuolo e l’altro. Ecco l’ambulante che ha sistemato gli occhiali su una tavola di legno traballante, quello che mostra i foulard, lo pseudo-artista che propone ritratti, chi vende giochini di gomma e chi griffe a buon mercato. Quando i posti lungo i parapetti sono tutti occupati, non resta che piazzarsi nel bel mezzo del ponte. E così per i pellegrini la passeggiata verso San Pietro, il cammino che porta alla preghiera e si vorrebbe discreto e riflessivo si trasforma in un slalom tra portafogli fasulli e rumori molesti. Una penitenza, insomma. Stessa storia al ritorno, dalle verità del Signore al finto monogram di Vuitton ci sono poche centinaia di passi. Non è tanto questione di decoro, non è solo un’illegalità incomprensibilmente tollerata. Questo è oltraggio a un luogo che non merita certo l’invasione degli occhiali a specchio.

Il Vaticano market se ne infischia dei controlli, per tre ore liberi di vendere. Ecco, alle 13, una macchina della polizia municipale. Fuga degli abusivi? Macché, ognuno resta al suo posto. È semmai l’auto di servizio ad avere difficoltà a passare, resta intrappolata tra la folla dei venditori e dei fedeli. Che ne è delle promesse del sindaco di combattere il commercio fuorilegge? Promesse, appunto. E dire che lui stesso aveva proposto, in una riunione di Prefettura, di stringere un patto contro questo fenomeno che fa di Roma una città più brutta, più sporca e più incivile coinvolgendo tutti: dalla Camera di Commercio alle università. «La lotta all'illegalità e all'abusivismo è una priorità di questa amministrazione e necessita del contributo di tutti», diceva il sindaco. Tante parole, pochissimi controlli e i mercatini dilagano. Ovunque, anche a due passi dal Vaticano. L’udienza è finita, spariscono pellegrini e borse. E’ il caso di dire: non c’è più religione.

Ma oltre al danno, poi, c’è anche la beffa. Perché non è soltanto una questione di decoro. Ma anche una questione di grande evasione fiscale. Per non parlare dei soldi, tanti, che finiscono nelle tasche della criminalità, la stessa che sfrutta questi ambulanti abusivi ogni giorno. E del danno al tessuto economico della città, nei confronti di tutti i commercianti che pagano migliaia di euro di tasse e che magari non hanno la possibilità di assumere giovani in cerca di lavoro.

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