Il business dell'ospitalità: trenta euro a rifugiato e ci guadagnano in tanti

Il business dell'ospitalità: trenta euro a rifugiato e ci guadagnano in tanti
di Raffaella Troili
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Sabato 27 Settembre 2014, 06:17 - Ultimo aggiornamento: 28 Settembre, 12:52

Sono 3.850 i posti a disposizione dei rifugiati nella capitale (3.096 riservati ai richiedenti una protezione internazionale). Una sessantina le strutture tra cooperative, associazioni accreditate,

centri d'ispirazione religiosa. Ciascuno ospita in media 100 persone, con picchi massimi di 400 (centro Enea) e minimi di 25 (S.Egidio a Trastevere).

Se l'emergenza è affidata alla prefettura, l'accoglienza vera e propria è ora nelle mani dello Sprar (sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati).

Le convenzioni durano in media due/tre mesi; alcune organizzazioni, hanno l'efficienza delle aziende, vanno anche in aeroporto a prendere i rifugiati all'arrivo; altre si arrangiano altrettanto bene puntando su progetti e volontariato. Le esperienze positive sono tante, prendiamo la cooperativa Eriches 29, tre centri, 140 posti. «Andiamo a prendere a nostre spese i migranti - conferma Claudio Bolla - se siamo fortunati ci vengono consegnate le liste degli ospiti, altrimenti con calma le stiliamo noi. Molti hanno già fatto uno screening sanitario, per alcune malattie dove c'è bisogno di tempi rapidi, supportiamo il lavoro della Asl». A quel punto si prende appuntamento con la Questura, inizia l'iter di riconoscimento dello status di rifugiato; a cominciare dal fotosegnalamento, spesso forzato, «non tutti lo accettano, siriani, etiopi, si fermano pochi giorni, vogliono raggiungere le loro comunità al nord, una volta fotosegnalati se poi vengono fermati, saranno rimandati a Roma». Trenta euro al giorno, tanto ricevono i centri per ospitarli. Mensilmente viene preparato un foglio riepilogativo delle presenze, tutto deve essere firmato dall'ospite, si emette la fattura, dopo qualche mese arrivano i pagamenti. Contro la noia, l'assenza di prospettive, le cooperative cercano di tenerli occupati anche con progetti di volontariato camuffati, dalla cura di un giardino fino all'emergenza neve a Marcellina. Va in questa direzione il lavoro del centro di accoglienza Sol.Co. di via Zurla (8 famiglie, 30 persone), dove non c'è vitto né catering spiega David «ma una convenzione con un supermercato che dà dei buoni pasto. Questo dà loro la possibilità di cucinare, anche per mantenere le radici. Restano con noi 6 mesi anche più, per far terminare l'anno scolastico ai figli. Il tempo di preparare documenti, assistenza, borse lavoro, contributi all'affitto, poi si arrangiano da soli. Come? Quando escono di qui, diventano dei poveri con qualche strumento in più». Le truffe sono difficili. «I soldi non te li danno se non li usi, è tutto rendicontato» eppure qualcuno c'è riuscito: 46 profughi erano stipati in pochi metri quadrati e cinque persone furono arrestate due anni fa, tra loro un consigliere comunale e la responsabile della onlus Fantasie di Sezze. Gestivano 75 profughi di Lampedusa, percepivano dalla Regione 42,5 euro al giorno ciascuno. Ne spendevano non più di cinque.