Roma, lo strano suicidio di Alfredo Bizzoni, mente della strage dei Georgofili

Roma, lo strano suicidio di Alfredo Bizzoni, mente della strage dei Georgofili
di Michela Allegri e Mirko Polisano
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Sabato 21 Novembre 2015, 09:13 - Ultimo aggiornamento: 10 Novembre, 13:08
Un biglietto per i suoi cari, per scusarsi, per dire che non poteva più andare avanti. E un migliaio di euro gettati accanto al corpo senza vita: le gambe a penzoloni e il collo stretto in una corda fissata al lampadario di casa, al Prenestino. Un suicidio, in apparenza.



Se non fosse che il cadavere è quello di un personaggio di spessore, nel mondo della malavita romana. Si tratta di Alfredo Bizzoni, 64 anni, coinvolto e condannato per le stragi terroristiche che insanguinarono l'Italia negli anni Novanta. Pochi mesi fa, la Dia gli ha confiscato beni per 6 milioni di euro. È bastato sentire il suo nome per convincere gli investigatori della Squadra Mobile ad affidare gli accertamenti alla Sezione omicidi. In Procura, nel frattempo, il pm Pierluigi Cipolla ha aperto un fascicolo sul caso e ha disposto l'acquisizione dei tabulati telefonici e l'autopsia, tassello necessario per chiarire se, in realtà, Bizzoni sia stato ucciso.





IL RITROVAMENTO

È stata la compagna a trovarlo, due giorni fa. Rientrando a casa, in via dei Berio, nel quartiere Prenestino, è andata in salotto e le è mancato il respiro. Al centro della stanza c'era il corpo senza vita del suo uomo. Aveva un cappio intorno al collo, il volto livido. Una fune assicurata al lampadario sorreggeva il cadavere lasciato cadere nel vuoto. Nella stanza un biglietto di poche righe e una mazzetta di banconote da usare per il funerale.



La donna, sotto shock, ha chiamato gli agenti del commissariato Prenestino. Sul posto sono arrivati anche gli uomini della Squadra Mobile. È bastato identificare il deceduto per far tingere di giallo la vicenda. Al nome di Bizzoni, la scenografia cambia aspetto. La fune, la lettera d'addio, i soldi per le esequie: sembra una costruzione orchestrata nei minimi dettagli. La decisione di togliersi la vita allacciando la corda al gancio di un lampadario ora pare quasi strana: è un supporto che si potrebbe staccare, è una scelta inusuale nei casi di suicidio. In effetti, Bizzoni è una conoscenza altisonante tra le forze dell'ordine. Pregiudicato per reati in materia di armi e stupefacenti, ha iniziato la carriera criminale nei primi anni Novanta, quelli della violenza, delle stragi, delle automobili imbottite di esplosivo.



CARRIERA CRIMINALE

È la notte tra il 26 e il 27 maggio 1993. In via dei Georgofili, a Firenze, un'autobomba esplode e uccide 5 persone, distruggendo parte del patrimonio storico della città. Per questa vicenda, Bizzoni viene condannato dalla Corte d'Assise a un anno e sei mesi per favoreggiamento. Secondo gli inquirenti, è l'uomo della logistica: avrebbe procurato alloggi e mezzi al gruppo di assassini che ha compiuto la strage. Non è tutto. Avrebbe collaborato anche all'organizzazione degli altri attentati di mafia che hanno sconvolto l'Italia fino a luglio. Si scopre infatti che è legato ad Antonio Scarano, pluripregiudicato di origine calabrese, divenuto collaboratore di giustizia e condannato a 18 anni perché ritenuto responsabile, in concorso, delle azioni dinamitarde avvenute a Firenze, nella Capitale e a Milano. Scontata la pena, l'escalation di Bizzoni non si arresta. Parte come piccolo imprenditore, nel giro di vent'anni costruisce un impero occultato al fisco. Diventa titolare di società di articoli sportivi, possiede negozi di abbigliamento, detiene quote di aziende immobiliari, alimentari, e persino di studi diagnostici. Dal 2002 al 2010, dichiara un reddito medio di 17mila euro, ma acquista immobili di pregio e guida auto di lusso. Nel 2013, la Direzione investigativa antimafia gli sequestra beni e proprietà per un valore di 15 milioni. Lo scorso aprile, arriva la confisca definitiva per circa 6 milioni di euro.



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