Bimbo soffocato da hot-dog, inchiesta verso l’archiviazione. «Il mio bambino è morto un’altra volta»

Bimbo soffocato da hot-dog, inchiesta verso l’archiviazione. «Il mio bambino è morto un’altra volta»
di Maria Lombardi
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Sabato 21 Giugno 2014, 12:22 - Ultimo aggiornamento: 22 Giugno, 11:01
Mio figlio morto un’altra volta. L’identico dolore di quel giorno, era il 17 marzo scorso, quando Alessia Vitti e il marito hanno detto sì: per il loro bambino non c’era più vita e allora che vivessero altri con il suo fegato e i suoi reni. Adesso lo stesso pianto che torna, la mamma e il papà hanno ricevuto la notizia che mai avrebbero voluto avere: l’inchiesta sulla morte del piccolo di tre anni soffocato all’Ikea per un pezzetto di wurstel andato di traverso va verso l’archiviazione. Si indagava per omicidio colposo, ma nessuno ha colpa - secondo la Procura - per quella morte dal momento che non esiste alcuna norma che imponga la presenza di posti di soccorso fissi nei centri commerciali. «Non c’è giustizia per Francesco», si dispera la mamma, «ma lui doveva averla».



Almeno quella, insiste la zia Federica Vitti, «perché se mio nipote fosse stato soccorso in tempo non sarebbe morto, se qualcuno fosse stato in grado di eseguire le manovre per liberarlo dal boccone che gli toglieva l’aria non sarebbe finita così. Se ci fosse stato un defibrillatore. E invece niente, quando è arrivata l’ambulanza era troppo tardi». Francesco Emanuele Maria Parroni era ormai cianotico, ha lottato per cinque giorni nel reparto di terapia intensiva del Gemelli ed è morto, come ha accertato l’autopsia, per anossia cerebrale, ovvero mancata ossigenazione del cervello.



L’INCIDENTE

Il 12 marzo scorso il bimbo era con la mamma al bistrot di Ikea, a Porta di Roma, seduto sul tavolino mangiava un panino con il wurstel. Un pezzetto non è andato giù, il bambino ha cominciato a tossire, è diventato rosso e Alessia si è messa a urlare chiedendo aiuto. Venti minuti e più di panico nel centro commerciale. Nessuno che sia riuscito ad aiutarlo, in tanti ci hanno provato ma inutilmente. Qualcuno nel tentativo di togliere il pezzettino che era rimasto in gola ha spinto ancora più giù il boccone peggiorando la situazione.



Gli accertamenti hanno confermato che il piccolo per oltre 20 minuti non ha avuto alcun tipo di intervento specialistico. La corsa in ambulanza all’ospedale Villa San Pietro e poi al Gemelli. Cinque giorni di agonia e poi il 17 marzo la morte e l’espianto degli organi: il rene è stato trapiantato a una bambina della sua stessa età al Bambino Gesù di Roma, i reni sono andati uno a Bari e un altro a Genova per salvare due ragazzine di 11 e di 19 anni.



«Ma noi non ci fermiamo, continueremo a lottare per avere giustizia - la zia di Francesco non si rassegna - abbiamo presentato querela nei confronti di Ikea. In base alla legge 626 in ogni luogo di lavoro ci deve essere personale addestrato in grado di eseguire manovre di primo soccorso. Perché lì non c’erano?». Alla messa celebrata dopo un mese dalla morte del piccolo ha partecipato anche la ragazzina di Bari che vive con il suo rene. Qualche giorno fa a Fonte Nuova, dove la famiglia del piccolo vive, è stato organizzato in collaborazione con la Croce Rossa un corso di primo soccorso e manovre di disostruzione. «È venuta anche la mamma di Giulio, il bambino di tre anni morto soffocato a Ikea esattamente come Francesco, per un pezzetto andato di traverso. Anche quell’inchiesta è stata archiviata».