Baby squillo, parla il padre: così l'hanno ingannata. Una ragazza: chiamatemi a casa

Baby squillo, parla il padre: così l'hanno ingannata. Una ragazza: chiamatemi a casa
di Adelaide Pierucci
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Venerdì 4 Luglio 2014, 08:38 - Ultimo aggiornamento: 5 Luglio, 01:46
A quindici anni non aveva ancora il telefonino, ma, di nascosto, faceva la baby squillo. Cos per farsi chiamare da Glauco Guidotti, 55 anni, il finto agente fotografico di Capena che l'aveva agganciata con la scusa di un book in pose sexy per avviarla invece alla prostituzione a domicilio, aveva lasciato il numero di casa. C'è un dramma familiare dietro all'ultimo scandalo sulle baby escort esploso a Roma: la storia di due genitori di Monteverde che hanno lottato per recuperare una figlia ripetente, ostile e ribelle, finita in piena adolescenza in un giro di sesso a pagamento. Sono loro che, denunciando, hanno svelato il circuito perverso, come l'altra mamma eroina dello scandalo dei Parioli.



L’APPELLO

«Aiutateci, nostra figlia è stata ingannata», è stato il loro appello rivolto al tribunale dei minori. «Maneggia troppi soldi e nelle sue conversazioni facebook abbiamo intuito cose impensabili». Così quando una volta Glauco Guidotti ha avuto la sfrontatezza di chiamare a casa e di presentarsi col suo nome, il padre della ragazzina, per testare la reazione, aveva urlato: «È il pappone...». Ma la figlia non era andata al telefono: aveva già deciso di uscire dal tunnel. E Guidotti, a loro insaputa, era già intercettato dalla Procura.



I SOSPETTI

«So che una compagna di classe più grande aveva rapporti sessuali a pagamento. E nonostante il nostro divieto ha ripreso a contattarla», era stata la segnalazione della madre. «Un fotografo di nome Glauco sta alle costole a tutte e due, e programma appuntamenti tramite l'amica. I nostri dubbi sono ormai orribili certezze». A gennaio gli arresti. Il pm Antonio Calaresu e l'aggiunto Maria Monteleone in poche settimane fanno scattare le manette del finto fotografo e della liceale che aveva avviato nel giro l'amica.



Loretta, però, la figlia quindicenne e ribelle, nei primi interrogatori, sembra difendere il suo sfruttatore: «Mica era un pappone. Non lo faceva tanto per i soldi perché alla fine prendeva quanto speso per il gasolio o al massimo 80 euro. I papponi pretendono di più». Ma la realtà è un'altra. Lei non ha mai saputo neanche i nomi dei clienti e li ricorda a malapena visto che dei trenta schedati dagli inquirenti ne ha riconosciuto solo uno, l'unico che sospettando che fosse troppo giovane, in assenza di un documento, si era rifiutato di riceverla. Eppure Guidotti era arrivato a rispondere scherzosamente al telefono «Buongiorno sala orge!». Il gip Anna Criscuolo che ha respinto la scarcerazione dell'indagato aveva definito «subdola ed insidiosa la prospettazione di ingaggio» da lui adottata «ancor più rischiosa per una minorenne insicura, dipendente dalla cocaina, ribelle come la persona offesa, allettata da prospettive di guadagno, blandita da apprezzamenti lusinghieri, forse attratta di essere lanciata nel mondo della pubblicità». Loretta ora è aiutata da specialisti in una casa famiglia. L'avvocato Cristina Cerrato che assiste la famiglia spera in una sensibilizzazione sul tema: «La mercificazione del corpo di una donna poco più che bambina dovrebbe suscitare indignazione in tutti noi, cosa purtroppo che non sempre accade. Si attribuisce alle vittime una consapevolezza che a 15 anni non si ha».