Roma, «Legittima la protesta sul Cupolone»: Tar ​annulla sanzioni a imprenditore scalatore

Roma, «Legittima la protesta sul Cupolone»: Tar ​annulla sanzioni a imprenditore scalatore
di Michela Allegri
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Sabato 27 Giugno 2015, 06:23 - Ultimo aggiornamento: 09:47
Ha letteralmente occupato per un giorno e mezzo la cupola della basilica di San Pietro, esibendo uno striscione di dissenso e rifiutandosi di abbandonare il campo nonostante l'intervento delle forze dell'ordine. Secondo i giudici del Tar, però, non avrebbe commesso un reato, ma avrebbe semplicemente espresso la propria opinione. L'imprenditore triestino Marcello Di Finizio, è ormai un habitué di atti di protesta eclatanti: negli ultimi anni è riuscito ad eludere la gendarmeria vaticana per 4 volte, arrampicandosi sulla facciata della chiesa, o calandosi dal lucernario del "cupolone", e gridando al mondo intero la propria rabbia. In tutta risposta, il Questore e il Prefetto di Roma, nel 2012, hanno ordinato il rimpatrio di Di Finizio a Trieste, con divieto di ritornare nella Capitale per 3 anni.



I magistrati della sezione Prima Ter del tribunale amministrativo, però, hanno accolto il ricorso dell'imprenditore, annullando il provvedimento. Nel decreto prefettizio, infatti, si fa riferimento a «coloro che per il loro comportamento debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, dediti alla commissione di reati che offendano o mettano in pericolo la sicurezza pubblica».



Questo passaggio, si legge nella sentenza, non ha nulla a che vedere con l'atteggiamento contestato a Di Finizio «il quale non integra condotte penalmente rilevanti, ma costituisce espressione del diritto garantito dall'articolo 21 della Costituzione di manifestare liberamente il proprio pensiero».



I PRECEDENTI La contestazione che ha portato alla provvisoria espulsione dell'imprenditore, risale al 2 ottobre del 2012. Quel giorno, il ricorrente, che è gestore di stabilimento balneare a Trieste, era riuscito ad aggirare la sicurezza del Vaticano, e si era calato dal lucernario della cupola di San Pietro, raggiungendo poi la balconata esterna. Lì, aveva esposto uno striscione in segno di protesta contro la legge in discussione in Parlamento che rideterminava l'assegnazione delle aree demaniali marittime in concessione.



Di Finizio era rimasto aggrappato al cupolone dalle 17,30 fino alle 21 del giorno successivo. L'imprenditore era quindi stato «bandito» dalla Capitale, con un decreto firmato dal Questore e poi confermato dal Prefetto. Secondo i giudici, però, il provvedimento in questione non specificherebbe «sulla base di riscontri oggettivi i motivi per i quali la presenza del prevenuto sia pericolosa per la sicurezza pubblica».



Nel documento, inoltre, erano citati alcuni precedenti di Di Finizio, compresa una denuncia per procurato allarme relativa a quando, nel 2011, si era arrampicato in segno di protesta in cima ad una gru sovrastante il porto di Trieste. «Da tale procedimento - sottolineano i giudici - l'interessato è uscito assolto nel 2012». Già allora il tribunale aveva sentenziato che «l'imputato non aveva annunciato pericoli inesistenti, ma aveva compiuto un eclatante gesto di protesta».



A distanza di tempo, l'imprenditore non ha perso il vizio: lo scorso dicembre ha scalato per la quarta volta la facciata di San Pietro per manifestare contro la direttiva Bolkestein che, a suo dire, lo danneggerebbe.