Roma, Marino e il Pd ai ferri corti

Ignazio Marino
di Simone Canettieri
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Lunedì 27 Ottobre 2014, 06:12 - Ultimo aggiornamento: 28 Ottobre, 08:04
La battaglia che si appresta ad affrontare oggi il sindaco Marino è solo la prima di una guerra con il Pd ancora tutta aperta. Alle 14, in via delle Vergini, si riunisce il gruppo consiliare dei democrat. Il capogruppo Francesco D'Ausilio è pronto a pagare pegno. Il benservito arriva dal coordinatore della maggioranza, il renziano Fabrizio Panecaldo: «Si è leso il rapporto fiduciario con il gruppo: credo sia doveroso che Francesco rimetta il suo mandato». Pronti a prenderne il posto ci sono due consiglieri su tutti (area Giovani Turchi): Gianni Paris o Giulia Tempesta. Il primo, molto gradito al sindaco, sarebbe in vantaggio; la seconda, già vice, prenderebbe la reggenza in automatico. Ma la lista dei pretendenti è lunga.



LO SCONTRO

La resa dei conti è figlia del clima di questi giorni in Campidoglio: un sondaggio Swg che D'Ausilio all'insaputa di tutti ha commissionato, pagandolo con fondi pubblici del gruppo per una spesa intorno ai ventimila euro, e diffuso alla stampa. Dopo la pubblicazione della rilevazione (secondo cui solo il 20% di romani si fida ancora del primo cittadino) se molti concordano sull'esigenza di mettere Marino sotto pressione per far realizzare un cambio di passo, altri reputano la notifica a mezzo stampa un errore che rischia di creare il caos. Ma dal Campidoglio in queste ore si domandano chi sia il vero mandante di questa mossa. La versione ufficiale di Palazzo Senatorio indica «nel governatore Nicola Zingaretti, molto legato a D'Ausilio, l'ispiratore della manovra». Perché? «Semplice - continuano dallo staff del sindaco - il presidente starebbe accarezzando l'idea di candidarsi in Campidoglio».



Veleni, dietrologie e ricostruzioni più o meno scombiccherate che in queste ore circolano alla velocità della luce. Anche se Zingaretti fa sapere di essere totalmente estraneo a questa vicenda e rilancia: «Il sondaggio sul crollo del consenso del sindaco va confrontato con quelli fatti alla stessa distanza di tempo su alcuni personaggi di grande discontinuità, cito Blair o la Thatcher. Marino coraggio ne ha, i fatti diranno se ha trovato le soluzioni giuste». La situazione è fluida. Ma di sicuro c'è un pezzo di vecchio Pd che pensa a un dopo Marino. Magari in primavera. Un caos di correnti pronto a coinvolgere anche le segreterie cittadine e regionali. In molti danno il responsabile dei democrat romani a un passo dalle dimissioni, mentre Fabio Melilli, segretario del Pd Lazio, dovrà vedersela il 3 novembre con l'assemblea di un partito, azzerato nelle settimane scorse, che lo vuole sfiduciare (l'area Noi Dem pare aver inglobato anche Astorre, come dimostra una nota congiunta con Gasbarra).



Ammesso che non vada prima in via XX Settembre a fare il sottosegretario all'Economia al posto di Giovanni Legnini, ora vicepresidente del Csm. Quindi senza riferimenti locali con cui confrontarsi e con il Nazareno poco interessato a sporcarsi le mani in queste beghe, il sindaco è di nuovo in trincea. E solo. E quella di oggi sarà la prima battaglia di una lunga guerra di posizione.