Cambio di stagione/ Riempire il vuoto di fiducia: la prima buca da riparare

Cambio di stagione/ Riempire il vuoto di fiducia: la prima buca da riparare
di Virman Cusenza
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Sabato 31 Ottobre 2015, 00:20 - Ultimo aggiornamento: 19:02
Sembra quasi di vederlo il rogo virtuale che in piazza del Campidoglio ha chiuso con un pubblico auto da fé la stagione del sindaco Marino e della sua maggioranza Pd. Come in quel rito antico con cui l’Inquisizione eseguiva la penitenza o la condanna decretata per gli eretici, dopo messa e preghiere, processione dei colpevoli in abiti penitenziali e lettura della sentenza, le torce hanno appiccato il rogo. Ma tra quelle fiamme non ha bruciato alcun martire. Qui non c’erano un Giordano Bruno o un Cola di Rienzo. Abbiamo assistito semmai a un suicidio politico collettivo che ha avuto come personaggi e interpreti un chirurgo inadatto al ruolo di sindaco e un partito lacerato da faide e poteri marci.

Significativo perciò che per mettere la parola fine ad una tra le più controverse stagioni politiche di Roma si sia dovuti ricorrere ad un mezzo così estremo. Ne apprezziamo, seppur tardiva, almeno la chiarezza.

Adesso bisogna pensare a Roma, alla sua salute pubblica ed alla sua salvezza civile e politica. La tempestiva nomina del prefetto di Milano, Tronca, come commissario, a ceneri capitoline ancora calde, dimostra solo quanto Renzi sia consapevole della delicatezza ed urgenza del passaggio tanto da volere importare lo sperimentato modello Expo per il Giubileo. Non soltanto, come si continua a dire, l'Anno Santo è ormai drammaticamente (per l'impreparazione) alle porte.

È la Capitale che ha bisogno di una cura da cavallo per rimettersi in piedi. Se ci sono risorse disponibili, e a quanto pare ci sono, vengano spese e investite per le tante imprenscindibili emergenze romane. La città già stenta a servire e soddisfare i suoi cittadini (basti ricordare il calvario dei trasporti), figurarsi le torme di pellegrini che stanno per arrivare per la durata di un anno.



Mancano circa sette mesi alle elezioni che dovranno dare un nuovo governo a Roma. E il commissariamento, che speriamo venga accompagnato da un team efficiente (poco importa se dream), è l'occasione giusta per rimettere in circolo quegli anticorpi la cui carenza è stata rimproverata alla Capitale e ai suoi cittadini. Depresso non è solo il sistema immunitario della politica oggi ridotta alla sua versione meno presentabile, ma l'intero sistema di burocrazia e classi dirigenti. È la società civile che deve fare la sua parte, riappropriarsi del cortile sotto casa e capire che il Campidoglio non è affare altrui.

Oggi la consapevolezza urticante di Mafia Capitale può aiutare. È la cura omeopatica del sentirsi ferire l’orgoglio di romani perbene che deve smuovere le coscienze. È la necessità di aggredire il mostro della macchina burocratica (ormai ha preso il volto e il sembiante di Roma agli occhi del Paese) che deve ispirare qualunque tentativo di risalita. Senza tutto questo anche le elezioni rischiano di servire a poco. E invece del ritorno ad una sana fisiologia democratica c’è estremo bisogno. Le grandi città si governano con i partiti, magari non marci, ma con loro. E con le competenze giuste.



Finita la stagione dei chirurghi marziani e dei trafficanti di clientele si può ripartire. Bisogna spendere bene i mesi che ci separano dal voto. E ricostruire quel rapporto di fiducia tra la città e le istituzioni oggi agonizzante. Quella è la vera, spaventosa, buca da riparare a Roma.